Orrore nel capannone, spuntano feti dai barili

Bologna, indagato il titolare dell’edificio per illecito nel trattamento di rifiuti speciali. I resti potrebbero provenire da un museo universitario

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di Nicoletta Tempera

GRANAROLO (Bologna)

Nel liquido sporco, un corpicino non nato di cinque, al massimo sei mesi. E poi un altro, morto forse all’ottavo mese di gravidanza. E altri e altri ancora. È l’orrore che si disvela nella noncuranza dell’abbandono quello scoperchiato nel Bolognese, a Granarolo dell’Emilia, dalla polizia. Che, mercoledì sera, ha posto sotto sequestro una quarantina di fusti, contenenti feti e altri resti umani, stoccati tra ferri vecchi e mobili da buttare in un capannone della zona industriale.

La scoperta choc è stata casuale: è stato un ragazzo di origine sinti, che per arrotondare fa il robivecchi recuperando il ferro dalle aziende della zona, a chiamare i poliziotti. Nel pomeriggio era andato nel capannone di via dell’Artigianato. E qui, stando a quanto il giovane ha raccontato, il titolare del magazzino, che si occupa di svuotare locali e cantine, gli avrebbe proposto di portarsi via i barili gialli, tutti contrassegnati dal simbolo dei rifiuti biologici speciali. Lui, però, curioso di capire cosa contenessero, prima di accettare ne ha aperto uno. E quello che ha visto lo ha terrorizzato. Malgrado ciò, ha filmato la scena col cellulare. E poi ha dato l’allarme.

Quando gli agenti della Squadra mobile sono arrivati nel capannone, all’inizio quasi non ci credevano. Ma scorto il contenuto di uno dei barili, hanno immediatamente chiesto l’intervento del Nucleo Nbcr dei vigili del fuoco, specializzato anche ad affrontare il rischio batteriologico. L’area è stata posta sotto sequestro e così tutti i barili. Sul posto è arrivata anche la polizia Scientifica. E sono partite, nel massimo riserbo, le indagini. È stato subito chiaro che quei poveri resti provenivano da un laboratorio o da ambiente ospedaliero. E così le verifiche hanno preso quella direzione. È stato ascoltato il personale dell’ospedale Sant’Orsola, per chiarire come avvenisse lo smaltimento di questo tipo di resti; sono stati ascoltati i primi testimoni. E ieri un po’ di luce ha iniziato a rischiarare questo giallo.

Dagli accertamenti, svolti su disposizione della Procura, è emerso come i barili provenissero da un museo di anatomia dell’università. Con tutta probabilità quello che si trovava nei sotterranei del padiglione 18 del Sant’Orsola. Un padiglione oggetto di un lungo intervento di restauro, conclusosi pochi anni fa. Ovviamente, prima dei lavori, tutti i locali erano stati sgomberati.

E qui nasce il nodo centrale di questa macabra storia, su cui le indagini proseguono per ricostruire quella catena di responsabilità che ha portato ad abbandonare così resti umani, seppur di un secolo fa e donati alla scienza. L’ipotesi di reato mossa per ora dalla Procura a carico del titolare del capannone, in attesa di definire in termini precisi la vicenda, è legata all’illecito trattamento di rifiuti speciali. Il gestore del capannone, che si occupa di sgombero di magazzini e locali, potrebbe essere sentito nei prossimi giorni per chiarire se fosse o meno a conoscenza del contenuto dei barili. In uno dei video, ripresi dal ragazzo che ha segnalato il macabro ritrovamento alla polizia, si sente l’uomo dire: "È dell’anatomia del Sant’Orsola... Non farlo vedere in giro".