Una foto tratta da Facebook di Romano Fagoni e della moglie Raffaella Ragnoli

di Milla Prandelli  NUVOLENTO (Brescia) Una famiglia come tante, una casa ordinata in un paesino tra le colline della Valle Sabbia e il lago di Garda, un figlio ancora adolescente che non ha mai dato un problema e che anzi in paese conoscono tutti per i suoi brillanti risultati scolastici, una figlia cresciuta e già uscita di casa. Qualcosa, in un quadro che visto da lontano appariva idilliaco, si è spezzato definitivamente sabato sera alle 20, quando Romano Fagoni, 59 anni, è stato ucciso dalla moglie, Raffaella Ragnoli, di tre anni più giovane, con una serie di fendenti, di cui uno fatale alla giugulare, messi a segno con un coltello da cucina mentre la famiglia sta cenando. La tragedia si è materializzata al primo piano del cascinale, nel cucinotto, davanti agli occhi del figlio 15enne che è sceso immediatamente per strada urlando: "Aiuto, la mamma ha fatto male al papà". Quando gli operatori del 118 sono arrivati per l’uomo non c’era più nulla da fare.  Raffaella Ragnoli, sotto choc, agli inquirenti ha immediatamente ammesso le proprie responsabilità, consegnando loro anche il coltello sporco di sangue con cui ha appena colpito il marito. Il motivo? Stando al suo racconto l’uomo, durante la cena a base di pizza, avrebbe bevuto alcune birre; troppe per Raffaella, anche perché l’uomo era reduce da un infarto recente: alla sottolineatura Romano sarebbe scattato, inveendo con violenza contro la donna. A quel punto il figlio 15enne è intervenuto in soccorso della madre esponendosi alla reazione del padre che, brandendo un coltello, gli avrebbe urlato: "Vuoi vivere o morire?". Raffaella decide a quel punto di accorrere in difesa: afferra un coltello e colpisce il marito, più volte, sino a recidergli la giugulare. Davanti al pm Flavio Mastrototaro, che ha raccolto la sua confessione poco dopo il delitto, l’apparente normalità di quella casa vira subito in incubo: la donna parla di "una prigione da cui da tempo avrebbe voluto uscire" senza riuscirsi per paura, di anni di soprusi subìti in silenzio, di un’atmosfera non più vivibile costellata da litigi divenuti ancor più frequenti ora, con la malattia che aveva reso Romano ancora più irascibile. Non risulta comunque avesse mai chiesto aiuto e mai i carabinieri sono entrati in quell’appartamento affacciato su una piccola corte. I vicini hanno raccontato di una coppia particolarmente riservata, che alle 20 abbassava le tapparelle e che la mattina si alzava presto. La donna, conosciuta da tutti, volontaria in parrocchia e al servizio di pedibus del Comune, in paese viene descritta come una persona affabile.  Ieri per tutto il giorno gli investigatori hanno sentito parenti e amici ma è il racconto del figlio, testimone oculare, ad essere ritenuto fondamentale: dalle prime indiscrezioni avrebbe confermato quanto detto dalla madre. Ora è stato affidato alla sorella maggiore, l’unica – con un padre ucciso, e una madre in carcere – che può occuparsi di lui. "Non me lo sarei aspettato soprattutto da lei, sempre disponile e molto attiva per la comunità. Se c’erano tensioni tra loro erano ben nascoste tra le mura domestiche perché non abbiamo mai saputo nulla – spiega il sindaco di Nuvolento Giovanni Santini –. Raffaella si porterà dentro questo dolore a lungo. Sono vicino anche ai figli, soprattutto al 15enne che ha visto tutto. A lui va il mio abbraccio più grande".

Cronaca

di Milla Prandelli 
NUVOLENTO (Brescia)
Una famiglia come tante, una casa ordinata in un paesino tra le colline della Valle Sabbia e il lago di Garda, un figlio ancora adolescente che non ha mai dato un problema e che anzi in paese conoscono tutti per i suoi brillanti risultati scolastici, una figlia cresciuta e già uscita di casa. Qualcosa, in un quadro che visto da lontano appariva idilliaco, si è spezzato definitivamente sabato sera alle 20, quando Romano Fagoni, 59 anni, è stato ucciso dalla moglie, Raffaella Ragnoli, di tre anni più giovane, con una serie di fendenti, di cui uno fatale alla giugulare, messi a segno con un coltello da cucina mentre la famiglia sta cenando. La tragedia si è materializzata al primo piano del cascinale, nel cucinotto, davanti agli occhi del figlio 15enne che è sceso immediatamente per strada urlando: "Aiuto, la mamma ha fatto male al papà". Quando gli operatori del 118 sono arrivati per l’uomo non c’era più nulla da fare. 
Raffaella Ragnoli, sotto choc, agli inquirenti ha immediatamente ammesso le proprie responsabilità, consegnando loro anche il coltello sporco di sangue con cui ha appena colpito il marito. Il motivo? Stando al suo racconto l’uomo, durante la cena a base di pizza, avrebbe bevuto alcune birre; troppe per Raffaella, anche perché l’uomo era reduce da un infarto recente: alla sottolineatura Romano sarebbe scattato, inveendo con violenza contro la donna. A quel punto il figlio 15enne è intervenuto in soccorso della madre esponendosi alla reazione del padre che, brandendo un coltello, gli avrebbe urlato: "Vuoi vivere o morire?". Raffaella decide a quel punto di accorrere in difesa: afferra un coltello e colpisce il marito, più volte, sino a recidergli la giugulare. Davanti al pm Flavio Mastrototaro, che ha raccolto la sua confessione poco dopo il delitto, l’apparente normalità di quella casa vira subito in incubo: la donna parla di "una prigione da cui da tempo avrebbe voluto uscire" senza riuscirsi per paura, di anni di soprusi subìti in silenzio, di un’atmosfera non più vivibile costellata da litigi divenuti ancor più frequenti ora, con la malattia che aveva reso Romano ancora più irascibile. Non risulta comunque avesse mai chiesto aiuto e mai i carabinieri sono entrati in quell’appartamento affacciato su una piccola corte. I vicini hanno raccontato di una coppia particolarmente riservata, che alle 20 abbassava le tapparelle e che la mattina si alzava presto. La donna, conosciuta da tutti, volontaria in parrocchia e al servizio di pedibus del Comune, in paese viene descritta come una persona affabile. 
Ieri per tutto il giorno gli investigatori hanno sentito parenti e amici ma è il racconto del figlio, testimone oculare, ad essere ritenuto fondamentale: dalle prime indiscrezioni avrebbe confermato quanto detto dalla madre. Ora è stato affidato alla sorella maggiore, l’unica – con un padre ucciso, e una madre in carcere – che può occuparsi di lui. "Non me lo sarei aspettato soprattutto da lei, sempre disponile e molto attiva per la comunità. Se c’erano tensioni tra loro erano ben nascoste tra le mura domestiche perché non abbiamo mai saputo nulla – spiega il sindaco di Nuvolento Giovanni Santini –. Raffaella si porterà dentro questo dolore a lungo. Sono vicino anche ai figli, soprattutto al 15enne che ha visto tutto. A lui va il mio abbraccio più grande".

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