
di Nicola Palma
e Marianna Vazzana
Adagiata sul ripiano esterno di un punto di raccolta di abiti usati. Una felpa rossa e un asciugamani giallo a fare da coperta. E la manina penzolante che fa subito intuire che c’è qualcosa di strano. Basta scostare gli indumenti per accorgersi che lì sotto c’è una bambina: è stata partorita da poco tempo, minuti più che ore; ha ancora parte della placenta attaccata e il cordone ombelicale parzialmente rimosso in maniera grossolana. La prima persona che la vede quasi non crede ai suoi occhi e inizialmente la scambia per una bambola. Non è una bambola: è una bimba, ma ormai per lei non c’è più niente da fare. Il terzo caso in 18 giorni di neonati abbandonati a Milano non ha avuto il lieto fine dei due precedenti.
La mattina di Pasqua, la mamma del piccolo Enea aveva deciso di lasciarlo nella Culla per la vita della Mangiagalli (con tanto di lettera in cui dava conto delle buone condizioni di salute). Settantadue ore dopo, un’altra donna aveva dato alla luce una bambina in un edificio dismesso di Quarto Oggiaro, per poi comunicare agli specialisti dell’ospedale Buzzi e ai carabinieri che non aveva intenzione di riconoscerla. Venerdì sera l’ultimo episodio, dall’epilogo tragico, di una serie allarmante. Mancano pochi minuti alle 20, siamo sul marciapiedi all’angolo tra via Botticelli e via Saldini, quartiere residenziale in zona Città Studi, a due passi dalla sede del Politecnico e a meno di due chilometri da Porta Venezia. Un settantenne si avvicina al cassonetto della Caritas per lasciare un sacchetto di vestiti e nota immediatamente quel fagotto. L’anziano si volta e vede arrivare un settantaquattrenne che sta facendo una passeggiata sotto casa: attira la sua attenzione e gli chiede "Scusi, ha un cellulare? Secondo lei è una bambola o un bambino?". L’illusione che si tratti di un pupazzo abbandonato da chissà chi svanisce in un attimo: è una bambina, non respira più.
Alle 20.02 parte la chiamata al 112 per dare l’allarme: nel giro di qualche minuto, la strada si riempie di ambulanze e auto della polizia, ma sanitari e agenti non possono fare altro che prendere atto del decesso della piccola. Poi arriva il medico legale, che certifica l’assenza di segni di violenza sul corpo: la sensazione degli investigatori è che la persona che ha lasciato la neonata in quel punto preciso, non si sa ancora se la madre o una persona a lei vicina, volesse farla ritrovare il prima possibile. L’autopsia servirà soprattutto a chiarire un aspetto, tutt’altro che secondario: la bambina era viva al momento del parto? Il punto in cui è stata ritrovata e il fatto che nessuno ne abbia sentito il pianto, in una via piuttosto frequentata, lascia ipotizzare che fosse già deceduta quando è stata lasciata sul ripiano del cassonetto.
Il pm di turno Paolo Storari aprirà un fascicolo contro ignoti con l’ipotesi di reato di infanticidio. Gli agenti della Mobile, coordinati dal dirigente Marco Calì, acquisiranno le immagini delle telecamere installate in zona e a bordo degli autobus che coprono quella tratta per cercare di risalire all’identità della mamma, che quasi certamente ha dato alla luce la bambina in casa. Gli investigatori hanno anche contattato tutti gli ospedali per capire se nella tarda serata di venerdì o nella notte di sabato qualche donna si sia presentata in pronto soccorso per farsi medicare dopo il parto.