di Viviana Ponchia C’è chi gli ha dato del quadrupede, chi gli ha chiesto di tornare da dove è venuto. E chi gli ha detto di stare tranquillo perché finalmente ha scoperto la vera religione del Paese che si è speso per farlo uscire dal carcere. Questo per stare nella lista dei commenti imbecilli ma ancora riferibili. Patrick Zaki con un tweet sulla partita Juventus-Bologna ha dimostrato al di là di ogni dubbio due cose: di essere un italiano vero, e di cosa sono capaci gli italiani. Siamo in zona arbitro cornuto. Siamo dentro alla faida da curva sud, nel tafferuglio da bar sport. E lui con noi, integrato fin sopra ai capelli. Del tutto innocente stavolta no: certe cose non si dicono a meno di non essere sotto i sette anni o pieni di birra, anche perché un po’ hanno stufato. Piuttosto travolto dalla sproporzione: tanto è il bene che gli vogliono le piazze in tumulto per la sua libertà, tanto implacabile è stato l’odio da tastiera quando ha pestato la solita vecchia cacca: "Due cartellini rossi, stanno ancora pagando". Gli juventini si sentono accusare di comprare le partire almeno dal 2006, ma c’è chi ha cominciato prima. I tifosi juventini non sono diversi dagli altri tifosi e se li chiamano gobbi ci restano male, se li chiamano ladri non ci vedono più. Patrick Zaki è un tifoso. E il cortocircuito è servito. Adeguandosi al protocollo che infanga generazioni di mamme avversarie e immagina vendette da grand guignol per i loro mariti, il ricercatore egiziano impregnato di amore per il Bologna ha subito una metamorfosi istantanea dopo aver dato dei furfanti ai torinesi: da povero attivista ingiustamente prigioniero è diventato spuntino per i leoni. La sua passione per il calcio è nota come la sua storia, al punto che fra tutte ...
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