Ora Salvini e Meloni danno le carte "Non vogliamo più veti da sinistra"

I leader di Lega e Fratelli d’Italia impongono una strategia anche se sono divisi sul futuro del governo

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di Alessandro Farruggia

Il dado è tratto. Berlusconi ha deciso. E gli alleati, che francamente non ne potevano più di essere appesi al filo della sua candidatura, vedono la scelta come una liberazione che apre alla politica. Certo, ciascuno ha la sua agenda, ben distinta che porta anche a toni forti nel vertice di ieri. Salvini manovra da tempo per essere il kingmaker, Fd’I per avere un presidente possibilmente d’area o almeno non di sinistra ed evitare un accordo che blindi la legislatura.

Certo è che tutti nel centrodestra plaudono alla scelta del Cavaliere. "Apprezziamo la responsabilità di Berlusconi" dice Giorgia Meloni. Anche il leader della Lega è soddisfatto. "Scelta decisiva e fondamentale, – dice Matteo Salvini – , Berlusconi rende un grande servizio all’Italia e al Centrodestra, che ora avrà l’onore e la responsabilità di avanzare le sue proposte senza più veti dalla sinistra. Ora vediamo se a sinistra continueranno a dire di no a tutte e tutti". Salvini, dopo il vertice, chiama i segretari dei partiti di centrodestra e ribadisce ai suoi interlocutori che lavora a una rosa di nomi, "tutti di alto profilo". Obiettivo è arrivare a una terna, forse oggi. Tra i papabili Casellati, Moratti, Frattini, Pera, ma anche Casini e anche un grand commis bipartisan come la diplomatica Elisabetta Belloni. E Draghi.

Ma la strada è lunga. Molto prima di proporre dei nomi fuori, il centrodestra dovrà mettersi d’accordo al suo interno, e non solo su nomi. Per capirsi: per alcuni minuti la riunione del centrodestra si è interrotta perché Fd’I ha contestato il passaggio del comunicato di Berlusconi in cui si sottolinea la necessità che la legislatura deve andare avanti. "Noi vogliamo le elezioni anticipate. Non possiamo avallare la tesi nella nota", ha ribadito Fd’I. Forza Italia invece era ed è per mantenere Mario Draghi a palazzo Chigi. E ieri l’ha ribadito, anche se del Cavalier non c’è certezza e quel che è vero oggi potrebbe non esserlo domani. "Il governo Draghi – dice Antonio Tajani ai colleghi– deve completare la sua opera. La linea di Forza Italia è che Mario Draghi non vada al Quirinale, rimanga a Chigi". Secondo una fonte, a quel punto Fd’I avrebbe colto la palla al balzo e, con Ignazio La Russa, avrebbe detto: "Noi non vogliamo Draghi al Quirinale". Parole forti. Che però a Fd’I negano ("Qualche forza politica ha voluto scaricare sul nostro partito la responsabilità di sbarrare la strada al Colle") e, così, a vertice finito, La Russa nega di aver mai pronunciato il veto. E la Meloni mette le cose in chiaro: "La questione di Draghi al Quirinale, sulla quale non abbiamo espresso alcun giudizio, non è stata posta e sarebbe semmai problema che possono avere le forze che partecipano al suo governo".

Comunque, la Meloni fissa i suoi paletti. "Restiamo fermi sulla necessità che il centrodestra esprima una o più candidature della propria area culturale, – scandisce la leader di Fd’I –. Se questo non fosse possibile, la nostra priorità è che vi sia un presidente della Repubblica autorevole e capace di difendere l’interesse nazionale e la sovranità popolare". Finita l’Operazione Scoiattolo, la partita è fluida, tutta da giocare.