"Ora non parlerai più male di me" E con il mattarello massacra la ex

Rimini, la 33enne finita a coltellate davanti al figlio di 5 mesi. L’uomo portato via ancora coperto di sangue

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di Manuel Spadazzi

L’ha uccisa di fronte al figlio di appena cinque mesi. Lei urlava aiuto, aiuto. Il bambino piangeva disperato. Ma lui non si è fermato. L’ha massacrata colpendola con un mattarello alla testa, poi l’ha finita con due coltellate alla gola. Cristina Peroni, 33 anni (li avrebbe compiuti a luglio) è morta così. Ammazzata dalla furia di Simone Benedetto Vultaggio, un operaio di 47 anni, che non si rassegnava alla fine della loro relazione e temeva di non poter vedere il figlio.

Il femminicidio è avvenuta ieri mattina alle 8,30 a Rimini, in un appartamento al secondo piano in via Rastelli, non lontano dalla zona mare. Cristina è la terza vittima di femminicidio a Rimini negli ultimi tre mesi, dopo Angela Avitabile (uccisa dal marito ad aprile) e Noelia Rodriguez (massacrata a coltellate dall’ex a maggio). In Italia si contano già 57 femminicidi da gennaio: una scia di sangue che non sembra aver fine. E ieri è toccato a Cristina Peroni. Lei, originaria di Roma, lavorava saltuariamente come operatrice di call center e aveva conosciuto Simone un anno e mezzo fa, tramite Facebook. La convivenza era iniziata quasi subito: si era trasferita a Rimini a casa di lui, dopo pochi mesi era rimasta incinta. Ma la relazione era stata fin da subito burrascosa. "Lui aveva aggredito e picchiato lei più volte – rivelano ora i vicini di casa – anche quando era incinta". Cristina non l’aveva mai denunciato, ma a un certo punto aveva deciso di andarsene. Per un paio di mesi era stata a Roma col bambino, poi Simone l’aveva convinta a tornare per passare più tempo con suo figlio, e da una decina di giorni era di nuovo a Rimini.

Ieri l’ennesima lite. Lei gli dice: "Torno a Roma, porto via il bambino". Lui diventa una belva. Cristina grida aiuto diverse volte, i vicini di casa sentono le sue urla strazianti e il pianto del bambino. Poi il silenzio, agghiacciante. Suonano alla porta, uno di loro cerca di arrampicarsi per entrare nella casa e non ci riesce. L’orrore si materializza pochi minuti dopo, quando Simone esce di casa con il volto imbrattato di sangue. "Che cosa gli hai fatto? Che cosa hai fatto al bambino?", gli urlano i vicini. Lui, impassibile, risponde: "Mio figlio sta bene, e ora lei non potrà più parlare male di me, a lui e a nessun altro". Vultaggio rientra nella casa, nel frattempo arriva la Squadra mobile della Polizia e lo arresta. Trovano una scena orribile: Cristina in un lago di sangue, il cranio fracassato, avvolta nel lenzuolo messo dal killer. Secondo la ricostruzione lui l’ha massacrata colpendola più volte con il mattarello, poi ha infierito con due coltellate alla gola. Illeso il bambino, ora affidato ai nonni paterni in attesa della decisione del Tribunale dei minori.

Gli agenti della Squadra mobile, coordinati dal pm Luca Bertuzzi, hanno sentito vari testimoni, tra cui i genitori dell’assassino e i vicini di casa. Non si dà pace il padre, Vincenzo Vultaggio: "Litigavano spesso. Negli ultimi tempi soprattutto per il figlio: a volte Simone doveva chiedere il permesso perfino per prenderlo in braccio. Si era rivolto a un avvocato, per tutelare i suoi diritti di padre". Negli ultimi mesi "andava da un psicologo, e siccome soffriva d’ansia e insonnia era anche seguito dal servizio di igiene mentale". Mesi fa la madre di Simone aveva consigliato a Cristina di troncare la relazione. E le aveva detto: te li do io 50 euro per tornare a Roma. Lei se ne era andata in effetti, e per un paio di mesi è stata a Roma. Poi ha accettato di tornare a Rimini per qualche giorno. Ignara del destino che l’attendeva.