Martedì 23 Aprile 2024

Ora le riforme Senza badare ai sondaggi

Bruno

Vespa

Non è un pranzo di gala smontare un Paese che non cresce da trent’anni e che ha visto negli ultimi dieci una erosione dei salari del 7 per cento. Un governo che abbia l’ambizione di durare cinque anni adotta le misure impopolari nei primi due e raccoglie i frutti del lavoro negli ultimi tre. Il problema è che in Italia si vota molto spesso e tutti guardano al 2024 (elezioni europee con il sistema proporzionale) per misurarsi a più di anno e mezzo dalle elezioni politiche. Quella data è importante soprattutto per la sinistra. Il Pd è andato malissimo sia nel 2018 che nel settembre scorso. (L’ultima vittoria elettorale del centrosinistra è Prodi 2006 con 24mila voti di scarto. Ma la permanenza al governo del Pd in tredici di questi sedici anni lo ha fatto dimenticare).

Il segretario che uscirà dalle primarie del 26 febbraio avrà poco più di un anno per restituire al partito l’identità perduta ed evitare l’incubo del sorpasso del Movimento 5 Stelle che per la sua dignità dovrà impegnarsi anche su temi estranei al reddito di cittadinanza. Ieri sera Conte ha di nuovo misurato sui termovalorizzatori (che chiama inceneritori) l’affidabilità degli alleati restringendo di molto il percorso riformista di Bonaccini, se sarà lui a prevalere. Giorgia Meloni ha promesso che non guarderà ai sondaggi (che per ora la premiano) e speriamo nemmeno al sondaggio per eccellenza che sono le elezioni europee del 2014.

Le riforme che snellendo lo Stato favoriscono l’impresa e il lavoro hanno bisogno di tempo e sarebbe folle piegarsi alla polemica di giornata tagliando le accise sui carburanti (cosa per fortuna esclusa) e aumentando le altre tasse per dieci miliardi. Anche chi non ama la Meloni ne apprezzò la prudenza in campagna elettorale: attraversiamo uno dei momenti più difficili del dopoguerra e il governo deve mantenere lo sguardo lungo. Gli italiani giudicheranno tra cinque anni.