di Cesare De Carlo
WASHINGTON
Una cestista contro un trafficante d’armi. Lo scambio di prigionieri avvenuto ieri fra Stati Uniti e Russia è una buona notizia, a parte la sua asimmetria. Brittney Griner, una celebrità dello sport, condannata a Mosca per droga, è stata accomunata a Viktor Bout, condannato per contrabbando d’armi ai terroristi colombiani. Lo scambio è un segnale? Può essere il preludio di una svolta sull’Ucraina?
PRECEDENTI INCORAGGIANTI
Dipende. La cronaca ci suggerisce lo scetticismo. Lo scorso aprile è avvenuto uno scambio del genere: un ex marine americano, in prigione per spionaggio, contro un ex pilota russo, in prigione per traffico di droga. Nessuno sviluppo diplomatico.
Ma se guardiamo alla storia, troviamo precedenti incoraggianti. Esempio: il mega spy swap del 1985, 25 americani contro 4 sovietici. Reagan era presidente da quattro anni. Gorbaciov da quattro mesi. Si sarebbero incontrati a Ginevra in novembre, cinque mesi dopo. La diplomazia ne trasse vantaggio. Altro esempio. Il 10 febbraio 1962 sul ponte di Glienicke a Berlino gli americani rilasciarono la super spia Rudolf Abel. I sovietici Gary Powers, il pilota dello U2. Tom Hanks lo impersonò nel famoso film Il ponte delle spie. Quattro mesi dopo John Kennedy e Nikita Kruscev si sarebbero incontrati a Berlino. Dunque fu un segnale. Sfumò però solo dopo altri tre mesi per la crisi di Cuba.
NON COME LE CARRÉ
Brittney Griner e Viktor Bout non sono spie. Come spia è detenuto in Mordovia, in un ex gulag stalinista, l’ex marine Paul Whelan. E inoltre lo scambio non è avvenuto sul ponte di Glienicke ma all’aeroporto di Abu Dhabi in una cornice ben diversa dalle novelle di John le Carré.
Ma analoghe sono le circostanze. Segretezza e durata delle trattative. Gli americani avrebbero voluto anche il rilascio di Paul Whean. I russi hanno risposto no: uno contro uno. Ieri nel dare l’annuncio alla Casa Bianca, Joe Biden aveva a fianco un’altra giovane di colore, Granelle Griner, la compagna della cestista.
CORREZIONE DI TIRO
Ci sono altre speculazioni. Non riguardano ancora un possibile dialogo fra Washington e Mosca. Ma Biden sembra avere corretto il tiro. Ha risposto no alle bombe a grappolo chieste da Zelensky e criticato l’uso di droni ucraini sul territorio russo. La sensazione prevalente è che la gestione della crisi sia sfuggita di mano all’esecutivo. Lo fa credere la prossima, futura revisione dell’"assegno in bianco" dato da Biden a Zelensky quando l’intero Congresso era democratico. Categorico Kevin McCarthy, nuovo Speaker repubblicano della Camera. Infine l’urgenza di una svolta emerge dai sondaggi. L’opinione pubblica è stanca, teme l’escalation nucleare.