Operazione Aemilia: il tesoro della cosca vale 100 milioni, tra auto di lusso e interi quartieri

Sterminato l’elenco di beni sequestrati a Grande Aracri FOTO VIDEO

Il comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Emilia, colonnello Paolo Zito, sul fronte dell’operazione Aemilia

Il comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Emilia, colonnello Paolo Zito, sul fronte dell’operazione Aemilia

Reggio Emilia, 30 gennaio 2015 - Centinaia fra appartamenti, garage e negozi. Quote di società sparse in mezza Italia. Decine di auto di grossa cilindrata, fra cui una fiammante Lamborghini Gallardo, e veicoli per il movimento terra. Una Hurley Davidson e perfino un locale per adulti a Reggio Emilia, il Cartagena club.

Ecco il 'tesoro' della cosca calabrese Grande Aracri. Un elenco sterminato di beni, del valore nominale di circa cento milioni di euro, sequestrato da carabinieri, Dia e Guardia di finanza nell’ambito della maxi-inchiesta Aemilia della Dda di Bologna che ha portato dietro le sbarre oltre cento persone accusate di far parte o di essere legate a doppio filo alla ’ndrangheta. Un’indagine che segna un punto di svolta nella lotta alle infiltrazioni mafiose in Emilia Romagna, come ha sottolineato il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Una criminalità diventata imprenditrice, abilissima nell’investire i soldi negli appalti della ricca Emilia Romagna, compresi quelli per la ricostruzione post sisma.

Oltre agli arresti, il pm Marco Mescolini, titolare dell’inchiesta seguita passo passo dal procuratore capo Roberto Alfonso, ha chiesto e ottenuto dal gip Alberto Ziroldi i sequestri dei beni ritenuti frutto delle attività illecite. Spulciando l’elenco nelle 136 pagine dell’ordinanza, c’è davvero di tutto. La Lamborghini Gallardo che il reggiano Omar Costi si fece dare, secondo gli inquirenti, da un debitore inadempiente. L’Hurley Davidson di un altro degli arrestati, Michele Bolognino, cui sono stati tolti anche una Bmw, altre tre auto, una polizza assicurativa e conti correnti. Ma sono gli immobili la parte più consistente dei cento milioni. Decine e decine di appartamenti, anche da nove stanze, a Reggio Emilia. Un intero quartiere a Sorbolo, nel Parmense. Altri appartamenti a Bologna e Mantova.

Poi ci sono le quote di società reggiane, parmensi, bolognesi, modenesi, cutresi, venete e lombarde. Un patrimonio quello, a dire la verità, non proprio sicuro. Bisognerà infatti capire il loro vero valore, una volta che le redini saranno prese dai curatori nominati dal giudice. Senza gli appalti ottenuti con ribassi impossibili, visto che i clan non pagavano i contributi dei lavoratori e le tasse, le società potrebbero rivelarsi di valore ben più modesto. Fra le quote sociali sequestrate ci sono anche quelle relative al 50% dello studio della consulente finanziaria bolognese Roberta Tattini, ritenuta complice dei Grande Aracri, tanto che il capo dei capi, Nicolino, le fece visita a Bologna nel 2012. I carabinieri erano appostati fuori e immortalarono Aracri che, dopo la riunione di lavoro, si concesse una passeggiata in piazza Maggiore, sulla scalinata di San Petronio.