Open day vaccini Covid, la proposta: "Niente fasce d'età da giugno"

Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell'Agenzia del farmaco Ema: "Penso a due strategie parallele"

Coronavirus, hub per le vaccinazioni anti-Covid

Coronavirus, hub per le vaccinazioni anti-Covid

Roma, 10 maggio 2021 - Formule come gli open day vaccinali, durante i quali offrire lo 'scudo' anti-Covid con schemi diversi rispetto a quelli seguiti finora, e con un'attenzione particolare rivolta agli adolescenti. Immagina che "da giugno" l'Italia potrebbe entrare in una fase nuova della campagna di immunizzazione anti-Covid Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell'Agenzia del farmaco Ema, oggi consulente del commissario per l'emergenza Coronavirus e direttore scientifico del provider di educazione continua in medicina Sanità In-Formazione, gruppo Consulcesi. "Penso a due strategie parallele", spiega in un'intervista all'Adnkronos Salute l'esperto, microbiologo ordinario all'università di Roma Tor Vergata: "Mentre la corretta indicazione adesso è quella di procedere ordinatamente per fasce d'età", guardando al prossimo futuro "si possono immaginare anche degli open day una volta immunizzata la popolazione a rischio, quindi nel momento in cui anche la fascia 60-69 anni sarà stata messa in sicurezza o sarà ben avviata verso quel traguardo".

Se finora dunque la campagna si è svolta fondamentalmente su prenotazione, "da quel momento si potrà pensare a strategie come gli open day". Un mese, quello di giugno, indicato da Rasi non a caso. Per allora, infatti, si prevede che vi sarà un vaccino approvato anche per i teenager. Se oggi al di sotto dei 16 anni non ci sono prodotti autorizzati contro Covid-19, nei prossimi mesi potrebbe arrivare un ok europeo a Pfizer/BioNTech anche nei 12-15enni.

E l'ex numero uno dell'Ema invita a pianificare adesso: "Un ragionamento assolutamente strategico sarà quello della popolazione pediatrica, su cui sarà bene iniziare a breve una riflessione strategica. I 12-18enni saranno una popolazione chiave", assicura Rasi.

Sulla mortalità, invece, "in Italia, dove le strutture sanitarie ci sono, i medici ci sono e ci sono degli ottimi clinici, mi si deve spiegare perché la mortalità per Covid-19 è così alta", aggiunge Rasi. "Qualcosa - prosegue - non deve aver funzionato in termini di standardizzazione delle cure, perché non è possibile che si muoia così tanto". L'esperto avanza due ipotesi. Il fenomeno probabilmente "si può spiegare in due modi". Primo, ricorda, "l'errore drammatico commesso nella fase iniziale della campagna di vaccinazione, nel target della popolazione" immunizzata che spesso in alcune aree d'Italia non è stato strategico: in certi casi "i vaccini non sono stati concentrati sulle fasce di popolazione più a rischio, elemento ancora più grave considerando che di vaccini ce n'erano pochi". Secondo fattore indicato da Rasi: "Sicuramente ci sono da rivedere gli standard di cura, anche domiciliari. Perché probabilmente - avverte - l'approccio tachipirina e vigile attesa è un po' troppo minimalista".