Omosessuali, perché la strada è ancora lunga

Michele Brambilla

Michele Brambilla

Sapete che cos’è la 'carriera alias'? È il permettere a uno studente, o a una studentessa, di registrarsi a scuola non con il nome e il sesso segnati sulla carta d’identità, ma con il nome e il sesso che ci si sente. Se uno si chiama Michele e vuol chiamarsi Michela, si registra come Michela. Come femmina. La carriera alias è stata introdotta l’altro giorno, per la prima volta, al liceo artistico Nervi Severini di Ravenna; e il giorno successivo al liceo classico Scipione Maffei di Verona. Altri seguiranno molto presto. Per alcuni è una grande vittoria di civiltà, è il riconoscimento del gender fluid, che significa: non mi riconosco un’identità di genere costante nel tempo.

Per altri queste sono assurdità, perché a prescindere dall’orientamento sessuale (cioè a prescindere se uno è eterosessuale o gay) il sesso è quello stabilito dalla biologia.

Sono sincero: anch’io sono perplesso davanti a certe novità che mi paiono forzature. Distribuire con il bilancino – come fosse un manuale Cencelli – personaggi etero e gay in ogni film, fiction, cartone animato o fumetto, mi pare controproducente. Per non parlare della follia di certe aziende nelle quali si comunica con i dipendenti sostituendo il “caro“ e “cara“ con un “car*“. Sta diventando una moda: peggio, un conformismo.

Ma detto tutto questo, voglio raccontare di un colloquio che mi ha segnato. Colloquio con un prete. Per riservatezza non ne faccio il nome e non dico di dov’è. Dico solo che è tutt’altro che un prete “progressista“ o “arcobaleno“, anzi. E aggiungo che il suo vescovo lo ha incaricato di seguire gli omosessuali che hanno a cuore il rapporto con la Chiesa, o più in generale con il mistero.

Bene. Questo prete mi ha detto: "Molti nella Chiesa mi criticano, perché pensano che un sacerdote debba “convertire“ l’omosessuale all’eterosessualità. A me invece dell’orientamento sessuale di una persona non interessa nulla. Io cerco di aiutare ciascuno a tirar fuori il desiderio di bellezza che ha dentro, e per me la bellezza è Cristo. È lui che può sanare ogni ferita, e queste sono persone che hanno dentro una ferita". Al che gli ho eccepito: ma come, ormai il mainstream è appunto perfino eccessivo, ormai i film le fiction i media la carriera alias eccetera. La sua risposta mi ha fatto capire che sbagliavo: "Guarda che il mondo reale non sono il mainstream, i media eccetera. Nel mondo reale, per la maggioranza dei genitori sentirsi dire da un figlio che è gay è ancora un dramma. Le battute, gli scherzi volgari, le discriminazioni sono ancora fortissimi. Le persone che incontro io si sentono guardate come “persone sbagliate“". Ecco, queste sono le parole che mi hanno fatto capire che la strada è ancora lunga.