Venerdì 19 Aprile 2024

Omicidio Mannina, la madre: "Mio figlio torturato, ora devono soffrire"

Primo Natale senza Silvio per la mamma e la sorella

Silvio Mannina con la mamma Emma

Silvio Mannina con la mamma Emma

Rimini, 27 dicembre 2014 - E' il primo Natale senza Silvio. Un Natale senza allegria e con molte lacrime per Emma e Simona Mannina, la madre e la sorella dell’ultimo compagno di Lidia Nusdorfi. Dell’efferato omicidio, avvenuto il 28 febbraio scorso, sono accusati Dritan Demiraj, l’allora fidanzata Monica Sanchi, lo zio di Dritan, Sadik Dine ed un minorenne albanese. «Anche ieri sono andata al cimitero, qui a Castano Primo – racconta la madre al telefono–, ci vado tutti i giorni. Per tutta la famiglia è stato un Natale tristissimo, rallegrato solo dall’arrivo del terzo figlio di Simona, Manuel Silvio, che adesso ha un mese e mezzo».

Emma segue tutte le vicende giudiziarie: «Ho letto che Monica Sanchi sta male ed è in ospedale. Lei deve restare in carcere. Nessuna pietà per chi ha torturato per più di due ore mio figlio e l’ha ucciso. Devono soffrire e marcire in carcere». Parole durissime, condivise anche dalla figlia Simona: «Monica ha più colpa degli altri. E’ lei che lo ha attirato a Rimini, che lo ha consegnato nelle mani di Dritan. Lei avrebbe potuto salvare due vite umane, quella del nostro Silvio e quella di Lidia. Sarebbe potuta andare dai carabinieri, raccontare quello che aveva in mente Dritan. Invece ha lasciato che tre bambini, i due figli di Lidia e la figlia di Silvio, crescessero senza genitori. Ma che razza di madre è? E se una cosa del genere l’avessero fatta a suo figlio?».

Simona poi aggiunge: «So che la Sanchi afferma di essere malata. Per me sta esagerando la sua condizione pur di uscire dal carcere. Che vada in ospedale, ma dopo deve rientrare e starci. Fino alla fine dei suoi giorni. Mio fratello ha agonizzato per più di due ore, lo hanno torturato senza pietà. Devono soffrire come hanno fatto soffrire lui. Se non c’è una giustizia umana, di certo c’è quella divina». Mamma Emma poi aggiunge: «A Rimini non voglio più metterci piede. Troppi ricordi terribili. Ero venuta con Silvio nel 2012 per vedere i castelli di sabbia. Adesso vi tornerò solo per il processo. Non passa giorno che io non mi chieda: ‘Perchè?’, ma nessuno sa darmi una risposta. Ma senza un perchè non si può uccidere e torturare una persona».

Simona ha aperto una pagina Facebook dedicata al fratello: ‘Silvio uno di noi’. «Il giorno di Natale ho riletto tutti i messaggi che ci siamo mandati. Lui mi chiamava e mi diceva: ‘O Simo, auguri’. Ho pianto, mi manca mio fratello, sempre di più. L’anno scorso aveva trascorso le feste con sua figlia. Sarei andata da mia nipotina, ma l’11 novembre ho dato alla luce il mio terzogenito. L’ho chiamato Manuel Silvio. Non ce l’ho fatta a dargli il nome Silvio, ma mio fratello è sempre con me. Io lo sento accanto. Però se penso alla Sanchi... Lei avrebbe potuto salvare Silvio e Lidia, ma non ha mosso un dito. Per me è più colpevole degli altri», conclude Simona Mannina.