Omicidio Ciatti, arrestato ceceno in fuga Il padre: ho cancellato la parola ’perdono’

Scovato dal Ros in Francia: con un amico pestò a morte in una discoteca spagnola il 22enne fiorentino. La famiglia: "Ora processo in Italia"

Niccolò Ciatti

Niccolò Ciatti

di Stefano Brogioni

Niccolò Ciatti è morto nell’agosto del 2017 per un pestaggio avvenuto sulla pista da ballo di una discoteca a Lloret de Mar, dove stava trascorrendo, con la spensieratezza dei 22 anni, una vacanza con gli amici della sua compagnia di Scandicci. Si trovò di fronte tre ceceni. La folla si aprì, nessuno intervenne mentre un paio di quelli, addestrati a una lotta sul ring che si chiama "Mma", picchiavano. Rassoul Bissoultanov, poco più grande di Niccolò, sferrò un calcio alla testa da cui il fiorentino non si rialzò più. Ma almeno un altro del terzetto, figli di rifugiati politici di Strasburgo, contribuì a metterlo ko, anche se la magistratura spagnola lo liberò dopo qualche ora. Ma ora, pure per Mosvar Magomadov si sono spalancate le porte del carcere: i carabinieri del Ros, titolari delle deleghe di un’indagine parallela a quella iberica aperta dalla procura di Roma su input del Consolato italiano in Spagna, lo hanno raggiunto in Francia e gli hanno consegnato un mandato di arresto europeo. È accusato di concorso in omicidio con Bissoultanov, che a sua volta, nel carcere spagnolo dov’è recluso da quasi quattro anni, ha ricevuto la stessa ordinanza ’italiana’. Provvidenziale, forse, per scongiurare il rischio più volte paventato dalla famiglia Ciatti, e cioè che venisse liberato per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva. Ma ora, questo processo si potrebbe addirittura fare in Italia: la richiesta di estradizione è stata fatta. Luigi Ciatti è un padre che non si è mai stancato di chiedere giustizia per Niccolò. E anche l’arresto della "spalla" di Bissoultanov.

Se l’aspettava questa svolta?

"No. Quando ho detto a mia moglie dell’arresto del secondo ceceno, le sono iniziate a cadere le lacrime. D’altronde la nostra vita ormai è questa. Ogni giorno andiamo a trovare Niccolò nell’ultimo posto dove si vorrebbe andare a trovare un figlio, al cimitero. La notizia l’abbiamo accolta molto positivamente, certo".

Però.

"Per noi usare la parola contentezza è difficile"

Era a conoscenza dell’inchiesta ’italiana’?

"Sapevamo che c’erano state queste indagini, a cui noi avevamo dato tutto il nostro apporto. Siamo stati una giornata intera con i carabinieri del Ros, quello che sapevamo, lo abbiamo condiviso. Ma sono loro che sono riusciti a trovare quello che non hanno trovato gli spagnoli a carico del secondo ceceno. Immagino che abbiano supportato il magistrato di Roma con prove forti e solide, per arrivare al mandato d’arresto europeo".

L’inchiesta della Spagna non è andata veloce. Preferirebbe che il processo per l’omicidio di Niccolò si tenesse qui in Italia?

"Se ci fosse una possibilità, senza dubbio per noi andrebbe bene. Ciò non toglie che io mi auguro che fra Italia e Spagna ci sia collaborazione per raggiungere l’unica cosa che ci interessa, cioè il carcere per questi delinquenti e che duri tanto tempo. Sicuramente preferirei l’Italia ma nessuna preclusione per la giustizia spagnola, purché tutto venga fatto come deve essere fatto".

Perdonerà chi ha ucciso suo figlio?

"La parola perdono l’ho cancellata. Non c’è perdono per questi balordi".

Questo mandato d’arresto limita il rischio della scarcerazione che incombe ad agosto?

"Non lo so come interpretare questo nuovo mandato di cattura per Bissoultanov. Mi auguro che metta una pezza a tutti i ritardi che ci sono stati, ma so anche che i quattro anni di carcere preventivo, in Spagna, sono quelli massimi. Speriamo che ci sia veramente qualcosa che velocizzi la procedura. Sarebbe il colmo vederlo uscire adesso. E di tempo ne è passato".

Troppo?

"Quello che hanno fatto i nostri carabinieri del Ros, da me incontrati a dicembre del 2019, è stato encomiabile. Nonostante la pandemia sono riusciti in tempi rapidi a trovare riscontri a quello che noi abbiamo sempre detto riguardo alle responsabilità dell’altro. Se anche gli inquirenti spagnoli avessero sfruttato meglio questo tempo, se avessero fatto una rogatoria per farsi aiutare dalle autorità italiane anziché interrogare solo noi e gli amici di Niccolò"

E invece?

"E invece ci hanno sempre risposto che il colpevole era uno e che era già in carcere".