Mercoledì 24 Aprile 2024

Oltre il consenso. Quando la corona diventa eterna

La lezione di Elisabetta

Agnese Pini

Agnese Pini

La regina infinita è stata (è) indubbiamente amata, e se non bastano le immagini di giovani e anziani in lacrime, di fiori e processioni, di messaggi addolorati, basta più semplicemente ricordare l’istantaneo smarrimento che ha suscitato la notizia della sua morte in cittadini e sudditi di mezzo globo. Elisabetta II non aveva bisogno di cercare il consenso, si diventa monarchi per successione ereditaria o per diritto divino. Ed entrambi i requisiti non prevedono e non richiedono di essere amati. Non richiedono fiducia, né gradimento di popolo. Almeno non in misura indispensabile. Eppure la sovrana d’Inghilterra è riuscita, nei suoi settant’anni di regno, e con una continuità solo brevemente intaccata dagli imprevisti di una vita tumultuosa, a consegnare un ricordo della sua figura che si è cristallizzato nell’immaginario collettivo come esempio di solidità e di empatia nell’esercizio del potere.

Così, con le dovute proporzioni e i dovuti distinguo, la sua lezione può diventare un metro di paragone con quanto accade altrove, a casa nostra come un po’ in tutto l’Occidente. Dove la ricerca spasmodica del consenso – certo, necessario a chi deve farsi eleggere ma fuorviante quando portato all’eccesso – ha finito per deformare il senso ultimo della politica. Eccezioni? Me ne viene in mente una. Un’altra donna: Angela Merkel.

E dunque: figure come Elisabetta insegnano che il segreto del consenso – la sua più ineffabile saggezza – va cercato nella coerenza e nella profondità del proprio ruolo, non inseguendo la volatilità dei social, l’umore della piazza, l’ansia dei trend del momento. Il segreto del consenso è l’esercizio dell’empatia che tiene fede al proprio essere o alla propria corona – regale o repubblicana che sia –, senza piegarlo a ciò che si teme o si crede o si spera che gli altri – il popolo, gli elettori, i sudditi – possano chiedere o cercare. Il resto è campagna balneare, è il destino di una classe di leader politici (in Italia ma non solo) sospinti dagli entusiasmi di brevi stagioni e subito sacrificati agli umori delle mode passeggere. Il resto è il successo di un momento troppo volatile per riuscire a fare la Storia.