Martedì 16 Aprile 2024

Olimpiadi a metà per i russi Sì ad atleti singoli ai Giochi "Ma niente bandiere"

La decisione del Cio: niente squadre nazionali per Russia e Bielorussia. Ira di Veronika Stepanova, campionessa di sci di fondo: "Andate al diavolo".

di Doriano Rabotti

Ci vorrebbe un Gianni Minà per raccontare come si deve l’ultimo episodio dell’ormai infinito derby tra sport e politica, nel senso più cruento del termine purtroppo. L’ultimo scambio di bordate verbali è tra gli atleti russi e il Cio, l’organismo mondiale che organizza le Olimpiadi. "Andate a quel paese", ha postato ieri la campionessa di sci russa Veronika Stepanova, verso i dirigenti dello sport planetario che hanno deciso di non decidere, scontentando tutti.

Non è una novità che la partita diplomatica sul conflitto russo-ucraino si giochi anche sul tavolo dello sport, perché da tempo russi e bielorussi sono esclusi da eventi sportivi o possono partecipare individualmente e senza bandiere. Ora che le qualificazioni ai prossimi giochi di Parigi 2024 stanno per entrare nel vivo, anche su richiesta del presidente ucraino Zelensky, il tema è tornato d’attualità. In modo ben poco sportivo, verrebbe da dire, perché senza alcun effetto concreto sul conflitto vero, la sfida che coinvolge gli atleti sta finendo per spaccare anche questo mondo in due fazioni che non riescono a dialogare.

Ieri, nell’ordine, oltre trecento campioni di scherma, sport olimpico per eccellenza, hanno chiesto di non ammettere russi e bielorussi ai tornei in corso, come invece sta avvenendo dall’inizio di marzo. Nel pomeriggio l’esecutivo del Cio ha varato decisioni a metà: per il momento si obbligano russi e bielorussi a partecipare solo come ’atleti neutrali individuali’ (quindi stop agli sport di squadra), a patto che non sostengano "attivamente la guerra" e non siano a contatto con agenzie militari (come molti gruppi sportivi). Potranno russi e bielorussi partecipare a Parigi 2024? Si vedrà più avanti, dice il Cio.

Immediata la reazione politica e individuale arrivata da Mosca: il comitato olimpico russo ha definito le misure una "farsa inaccettabile che viola i diritti umani", la campionessa olimpica a Pechino nello sci di fondo Veronika Stepanova è stata anche più diretta: "Caro Cio, perché non vai al diavolo? Non permetterò a nessuna commissione internazionale di chiarire le mie opinioni e le mie convinzioni e decidere se qualificarmi ai mondiali. In questo caso gareggerai da solo".

In una guerra molto mediatica, non stupisce che un palcoscenico al quale tutto il mondo guarda, come quello dello sport, diventi teatro di un’altra forma della guerra. Le Olimpiadi nascono con uno scopo di pace, nell’antichità la ’tregua olimpica’ interrompeva i conflitti. Ma ai tempi dei greci non c’erano la tv e i social, a rendere appetibili campi e piste, pedane e vasche, come luogo dove giocare una partita più grande di quella per le medaglie. E i boicottaggi che si sono succeduti negli anni, il più famoso dei quali proprio a Mosca 1980, dimostrano che anche il mondo dorato dei campioni deve tenere i piedi nel fango di noi mortali.