"Ok a nucleare e trivelle Si è perso troppo tempo"

Galletti, ex ministro dell’Ambiente: grazie al mio Tap contenuti i costi del gas "Ora molti partiti propongono quello che mi contestavano qualche anno fa"

Migration

di Luca Bolognini

Contro il caro bollette il governo sta pensando di aumentare le trivellazioni nel Mediterraneo a caccia di gas. Lei, come ex ministro dell’Ambiente, cosa ne pensa?

"Sono assolutamente d’accordo, come lo ero nel periodo in cui ho fatto il ministro. Non ho mai nascosto – spiega Gian Luca Galletti (in foto), consigliere d’amministrazione di Nomisma e titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo dal 2014 al 2018 – questa mia posizione, anche se anche se contestata da partiti spinti da un’ideologia figlia di un certo mondo ambientalista. E oggi tutti possono vedere i danni prodotti da una politica poco lungimirante sull’indipendenza energetica".

L’Europa, per uscire dalla morsa russa, sta pensando di raddoppiare il Tap. È una buona idea?

"Sì, e per fortuna il tempo è galantuomo. Oggi vedo che molte forze politiche che hanno fatto battaglie molto forti sul Tap, uno dei progetti per cui mi sono speso di più, si sono ricredute. Invito tutti ad andare a vedere se le coste pugliesi siano state deturpate dal gasdotto. Non è così. Anzi, grazie al Tap oggi i costi del gas, pur essendo elevatissimi rispetto al passato, sono un po’ più contenuti".

Ma come mai allora ci furono così tante contestazioni?

"Erano posizioni ideologiche per raccogliere qualche consenso a livello locale. È una politica debole, che ha fatto perdere all’Italia molte occasioni senza portare alcun vantaggio dal punto di vista ambientale".

Nel 2010 si disse a favore del nucleare. Fu subissato di critiche. Oggi diverse forze del governo stanno facendo un pensierino sull’atomo. Cosa è cambiato?

"Ci si è resi conti di come una certa ideologia possa provocare danni ambientali e sociali. Io sinceramente ero e sono contro a quel tipo di nucleare. Sono favorevole a investire in ricerca e sviluppo sul nuovo nucleare, che magari arriverà tra 30 anni. Ma dirò di sì solo se produrrà scorie smaltibili e non sarà pericoloso. Il no a prescindere fa male al Paese e ai nostri figli, perché impediremo loro di produrre energia verde".

Quando era ministro ha dichiarato che l’obiettivo era un’Italia sostenuta al 100% da fonti rinnovabili. È ancora questo il traguardo finale?

"Sì, dobbiamo abbandonare carbone e petrolio. Però dobbiamo farlo con i tempi giusti. Correre troppo significa creare problemi alle imprese e generare tensioni sociali fortissime".

Per fare fronte al caro bollette e alla morsa russa, abbiamo riacceso due centrali a carbone. Quando era ministro, si prefisse l’obiettivo di abbandonare questo combustibile entro il 2025. Il traguardo si allontana?

"No, siamo ancora in tempo. Ho sempre trovato ipocrita il non volere concedere permessi per la ricerca o l’estrazione nei nostri mari e poi utilizzare il gas che viene dagli Usa grazie al fracking, la tecnica più dannosa dal punto di vista ambientale".

Il Pnrr porterà molti fondi, oltre 70 miliardi di euro, che dovranno essere spesi per rendere più green l’Italia. Quali sono i maggiori ostacoli lungo questo percorso?

"La burocrazia e la volontà politica. Puntare sulle energie rinnovabili significa creare campi di pale eoliche e pannelli solari. Mi chiedo se le nostre amministrazioni siano nelle condizioni di avere la forza per imporre interventi di questo genere. Purtroppo credo di no".