Nuova strage in mare Naufragio al largo di Bengasi Trenta migranti dispersi, l’Italia ancora sotto accusa

L’ong Alarm Phone: "Soccorsi in ritardo". La Guardia Costiera: non era nella nostra area. Polemica politica, Fratelli d’Italia: sbarchi triplicati da quando governiamo, un ricatto

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di Nino Femiani

Qualcuno parla di nuova strage annunciata. Di ennesima prova di disprezzo per la vita e di umanità annegata nel mare grosso del Mediterraneo. Mentre continuano la ricerca dei corpi nelle acque di Cutro (il bilancio è salito ieri a 79 vittime accertate), ecco che un altro naufragio rinnova lo choc del 26 febbraio e avvelena i pozzi della politica. Un gommone, segnalato in avaria nelle acque libiche con 47 persone a bordo, si è ribaltato e si è inabissato tra le onde alte e schiumose. "Siamo scioccati. Secondo diverse fonti, decine di persone di questa barca sono annegate. Dalle ore 2.28, dell’11 marzo, le autorità italiane erano informate dell’urgenza e della situazione di pericolo". Trenta i dispersi, diciassette i sopravvissuti soccorsi da un mercantile che sta facendo rotta verso le coste africane. "Ora temiamo che i sopravvissuti, che hanno visto i loro amici morire prima di essere soccorsi da una nave mercantile, saranno costretti ad andare in Libia o Tunisia dove li attendono condizioni disumane. Chiediamo che tutti i sopravvissuti siano portati in un posto sicuro in Europa", scrive Alarm Phone, mentre in zona continuano le ricerche da parte di mercantili e di due aerei Frontex.

Tutto è partito da una segnalazione di Alarm Phone e della ong Sea Watch che chiedevano che si prestasse soccorso a un gommone con 47 migranti a 120 miglia a nord di Bengasi, nella zona Sar di competenza libica. Per oltre un giorno nessun libico si è fatto vivo, visto che toccava intervenire ai loro guardacoste. Il Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo, Imrcc di Roma, ha allora dato istruzione a tre mercantili in zona – la Kinling, l’Atlantic Nord e la Basilis l – di monitorare la situazione del gommone e ha chiesto alle motovedette della Guardia costiera libica di operare nelle acque di loro competenza. Da parte di quest’ultima c’è stato il muro di gomma, il silenzio assoluto, con i collegamenti telefonici che venivano fatti cadere di proposito. Quando le ong riuscivano a parlare con uno di loro, veniva risposto che le autorità italiane sarebbero intervenute e che le persone dovevano essere salvate e portate in un porto dell’Europa. "L’intervento di soccorso è avvenuto al di fuori dell’area di responsabilità Sar italiana registrando l’inattività degli altri Centri Nazionali di coordinamento e soccorso marittimo interessati per area", afferma in una nota la Guardia costiera italiana. Il governo Gentiloni firmò nel 2017 un memorandum con la Libia. L’Italia si impegnava a fornire supporto tecnico ed economico alla Guardia costiera libica per contrastare l’emigrazione dalla Libia. Vi ha fatto seguito l’istituzione della zona Sar libica, un’ampia area marittima in cui i guardacoste libici sono responsabili del coordinamento delle operazioni di ricerca e soccorso. Il memorandum scadeva a febbraio, ma si è rinnovato per altri 3 anni nonostante le proteste delle ong e prevedeva una cooperazione della Guardia costiera libica che, come in questo caso, non c’è stato e la fine degli episodi di violenza, torture e riduzione in schiavitù che sono all’ordine del giorno nei centri di detenzione in Libia.

La vicenda del gommone infiamma nuovamente il clima politico, soprattutto dopo le parole di Alarm Phone che accusa: "Le autorità italiane sapevano e hanno ritardato deliberatamente i soccorsi, lasciandoli morire". Prima ad intervenire la neosegretaria del Pd Elly Schlein in chiusura dell’assemblea dem. "Ci arrivano notizie tristi di un nuovo naufragio in cui sarebbero morte altre persone. Mi dicono che questa imbarcazione ha chiamato il centro di soccorso che ha risposto di contattare la guardia costiera libica. Questa è una vergogna ed è una vergogna anche per l’Europa". "Non bisogna mai strumentalizzare quello che accade perché parliamo di vite umane", dice il vicepremier e ministro degli esteri Antonio Tajani. "Tutti quanti – conclude - siamo impegnati per evitare queste tragedie nel Mediterraneo".

I presidenti di Fratelli d’Italia alla Camera e al Senato, Tommaso Foti e Lucio Malan, rilanciano: "Da quando il governo ha annunciato pene severissime contro i trafficanti di vite umane i viaggi e gli sbarchi sono triplicati. A nessuno viene in mente che sia un ricatto? Evidentemente no, molti considerano più intelligente schierarsi contro l’Italia di fronte all’aggressione che sta subendo".