A tre anni di distanza dal ciclone che travolse i carabinieri con la chiusura di una caserma a Piacenza e l’arresto di militari dell’Arma, le forze dell’ordine tornano nel mirino della procura con un’inchiesta che ha portato a indagare a piede libero otto agenti di polizia con le accuse di arresto illegale, calunnia, falso in atto pubblico e un nono collega per aver reso false dichiarazioni all’autorità giudiziaria. Le indagini sono affidate in questo caso ai carabinieri e coordinate dal sostituto procuratore Daniela Di Girolamo, e stretto è il riserbo.
I fatti contestati sono avvenuti nei primi sette mesi del 2023 quando – secondo le accuse – gli agenti, in forza alle Volanti della questura piacentina, avrebbero fatto arresti (in un caso per una vicenda di droga) abusando dei loro poteri e sulla base di verbali redatti con false ricostruzioni e attestazioni, in alcuni casi addirittura minacciando le vittime di ripercussioni. Uno degli episodi contestati risale al 28 gennaio scorso e in quell’occasione, in base alla ricostruzione dei carabinieri, che si sono basati anche su intercettazioni, gli agenti avrebbero attestato falsamente di aver rinvenuto nella tasca di un arrestato, a seguito di perquisizione personale, un grosso pezzo di hascisc dal peso di 90 grammi, che sarebbe stato invece trovato altrove. Altri episodi nel mirino della procura risalgono al 25 maggio, in relazione al’arresto di un nigeriano di 28 anni, avvenuto secondo modalità che non sarebbero quelle riportate nelle relazioni di servizio, e al 7 luglio, quando uno degli agenti indagati avrebbe falsamente attestato di aver partecipato a operazioni di polizia giudiziaria in un’abitazione della città mentre da positioning dell’utenza telefonica in uso era registrato altrove. In un’intervista al quotidiano Libertà il questore di Piacenza Ivo Morelli ha spiegato che "non sono stati ritenuti necessari dalla questura atti di sospensione dal servizio, mentre per ragioni di opportunità alcuni degli agenti coinvolti sono stati distolti dagli incarichi abituali e assegnati ad altri" sottolineando nel contempo anche il fatto che la vicenda "è in una fase di investigazione e che non ha dato luogo a provvedimenti di restrizione della libertà a carico di nessuno degli agenti. Se vi sono responsabilità, e qualora fossero provate le accuse – ha concluso il questore – non ci sottrarremo alla verità dei fatti e alle sue conseguenze".
L’inchiesta riporta alla memoria dei piacentini quella sulla stazione Levante, caserma dei carabinieri di via Caccialupo colpita nel luglio 2020 dall’arresto di sei militari con imputazioni che andavano dagli arresti illegali e dal falso in atto pubblico fino al reato di torture; e ancor prima quella del 2013 quando furono arrestati sei agenti della sezione narcotici della squadra mobile di Piacenza, imputati per reati di droga, favoreggiamento della prostituzione, falso ideologico e altro.
Marco Principini