Nonna Peppina, simbolo del sisma L’addio senza aver riavuto la casa

Macerata, se ne va a quasi 99 anni dopo le battaglie sulla ricostruzione. Aveva rifiutato di lasciare il suo paesino

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di Giancarlo Falcioni

FIASTRA (Macerata)

Ha fatto in tempo a conoscere la pronipote, ma non a rientrare nella casa per la quale aveva lottato con le unghie e coi denti. Giuseppa Fattori, per tutti nonna Peppina, si è spenta ieri mattina nella sua casetta di legno a San Martino di Fiastra, nel Maceratese. Avrebbe compiuto 99 anni tra una settimana e l’anno scorso, nel giorno del suo ultimo compleanno, aveva espresso un solo desiderio: andare, almeno per un giorno, nella sua nuova casa, dopo che il terremoto del 2016 le aveva portato via quella in cui aveva trascorso una vita intera. Non è riuscita a vedere esaudito il suo desiderio perché, complici le lungaggini della ricostruzione, il cantiere è partito, ma la nuova casa ancora non è pronta.

Nel cratere nonna Peppina è stata in questi anni il simbolo degli sfollati, di chi dopo essere sopravvissuto alle scosse si trova a fronteggiare la burocrazia italiana, che non molla la presa neanche quando il buon senso lo imporrebbe. È il settembre 2017: il solerte funzionario di turno fa sapere alla nonnina che la casetta fai da te in legno realizzata a due passi dalla casa inagibile è abusiva. Va sequestrata e demolita: Giuseppa Fattori, all’epoca 95enne, deve andarsene. Pazienza se lì ci sono tutti gli ultimi 75 anni della sua vita, tutti i suoi ricordi. Sin dal primo giorno, però, si capisce di che pasta è fatta la nonnina: "Non me ne vado neanche se mi ammanettano – dice –. Dove dovrei andare? Solo qui sto bene". Mentre centinaia di giovani preparano i bagagli e traslocano sulla costa (per non tornare più nell’entroterra terremotato), Peppina ingaggia la sua personale battaglia contro uno Stato che tratta gli sfollati come delinquenti. Sulle sue fragili spalle c’è il peso di un intero territorio che con il passare dei mesi capisce che ai proclami dei politici non seguono i fatti. I familiari di Peppina smuovono mari e monti. Fanno ricorso al Tar, scrivono a Papa Francesco e al presidente Sergio Mattarella, ma non c’è nulla da fare. Il sequestro della casetta scatta addirittura in anticipo e nell’ottobre 2017 Peppina è costretta a lasciare la sua casetta in lacrime. "Sono stati cattivi, ma prego per loro", dice dal container di dieci metri quadrati in cui è costretta a vivere per non lasciare Fiastra.

Nel frattempo quello di Peppina è diventato un caso nazionale e, dopo un infinito tira e molla, il Parlamento approva una sanatoria ribattezzata "Salva Peppina", che consente alla nonnina di tornare nella sua casetta. È il settembre 2018, quasi un anno dopo lo sfratto. "È stata durissima, mi è mancato tutto", confessa l’anziana. Quest’anno nonna Peppina era diventata addirittura oggetto di studi universitari, finendo su una pubblicazione accademica oltreoceano come esempio di donna che vuole restare sul proprio territorio dopo una calamità. A febbraio era arrivato anche il titolo di commendatore della Repubblica, l’omaggio del presidente Mattarella a un esempio di resilienza al femminile. Una sorta di risarcimento da parte dello Stato. "Sono felice, ma non so se lo merito", aveva detto Peppina. Dal commissario alla ricostruzione Giovanni Legnini a Matteo Salvini, fino al governatore Francesco Acquaroli, oggi tutti sottolineano "la tenacia di una donna che con la sua caparbietà è diventata il simbolo dei terremotati".

Meno di un mese fa la 98enne era diventata bisnonna. "Ha conosciuto Sveva due giorni prima di andarsene. Vedendo la piccola aveva ripreso a mangiare – racconta Agata Turchetti, una delle figlie –. Ci ha salutato dicendoci che ci voleva bene. Tutta la sua vita è stata di amore. È stata una femminista ante litteram, con la sua autonomia, il suo orgoglio di essere indipendente". La casa da ricostruire? "Non è tempo di polemiche – conclude –. Ma la gioia di rivedere casa le è stata negata".