Mercoledì 24 Aprile 2024

"Non volevano un vescovo italiano" Tre preti dietro l’agguato: arrestati

Il ferimento del missionario vicentino, si segue la pista della faida interna. Il duello tra le tribù nel Paese

di Nina Fabrizio

Sta assumendo i contorni addirittura di una faida interna alla stessa diocesi di Rumbek, evidentemente divisa tra fazioni e tribù come il resto del Paese, l’attentato di domenica notte in cui è stato gambizzato padre Christian Carlassare, il missionario italiano dell’ordine dei Comboniani, di recente eletto vescovo, a soli 43 anni, da papa Francesco. Carlassare è stato ferito con colpi di arma da fuoco da due giovani sicari e dal suo letto di ospedale in Kenya, dove è stato trasferito nei giorni scorsi d’urgenza, nonostante le ferite che comunque si sono rivelate non così gravi, ha già emesso dichiarazioni illuminanti sulla pista seguita dagli inquirenti: "La mia impressione è che il movente non può essere la rapina. Ma escludo anche l’omicidio perché, se avessero voluto ammazzarmi, l’avrebbero fatto con estrema facilità, erano vicinissimi a me. Io penso che sia un atto intimidatorio, un avvertimento".

Il missionario, originario di Schio, non chiarisce se ha visto in faccia i due aggressori e non fa accuse precise, anzi. Probabilmente cerca di tenere un profilo da religioso che opera sul terreno come pacificatore. Tuttavia, aggiunge particolari importanti sui due uomini che lo hanno ferito: "Sono giovani e certamente non hanno agito per qualche ragione contro di me. Sospetto che qualcuno gli abbia commissionato questo gesto. Perdono anche chi li ha spinti a comportarsi così". Ecco, chi li ha indotti a mettere in atto un attentato contro il futuro vescovo di Rumbek, il più giovane al mondo come è stato anche evidenziato in questi giorni, ma soprattutto un missionario da 16 anni operante nel Sud Sudan, Paese fragile, lacerato dai lunghi conflitti interni? Chi voleva che non si compisse il 23 maggio la sua consacrazione alla guida della diocesi che è stata a lungo sede vacante? È qui che entrano in gioco gli arresti già operati dalla polizia locale per volere del presidente, consapevole del gravissimo danno di immagine internazionale per il Paese africano, divenuto indipendente solo nel 2011 e per la cui pacificazione era intervenuto personalmente papa Francesco persino inginocchiatosi ai piedi dei leader locali per implorarli a raggiungere uno stabile accordo di pace nel corso di un straordinario summit tenutosi nel 2019 a Casa Santa Marta.

Emerge l’ipotesi che l’agguato sia frutto di una faida interna alla stessa diocesi per un conflitto di potere. I sacerdoti locali di etnia Dinka non avrebbero mandato giù la decisione del Papa di nominare un altro vescovo straniero, dopo anni di sede vacante e un precedente vescovo sempre non locale, anche lui italiano, mons. Cesare Mazzolari. Sono proprio i comboniani, attraverso la loro testata, Nigrizia, a riferire che dodici persone sono state arrestate e tre di loro, tra cui spicca il nome del coordinatore diocesano, don John Mathiang, sono preti della diocesi di Rumbek, mentre gli altri sono laici impegnati a vario titolo nella stessa chiesa locale. Sono tutti Dinka, l’etnia maggioritaria che ambiva a un proprio vescovo e che, probabilmente, vedeva in cattiva luce padre Carlassare soprattutto perché per anni ha operato a fianco della tribù dei Nuer, acerrima nemica dei Dinka. Raggiunto da più giornalisti nel suo letto di ospedale di Nairobi, padre Carlassare si è mostrato tutto sommato in buona forma (i medici dicono che tornerà a camminare) e soprattutto ottimista. "Non smetterò di inseguire il sogno di un Paese pacificato: questo è il desiderio di tutta la Chiesa. L’Africa non è solo questo incidente". Tornerà a Rumbek? Il viso un poco abbronzato e incorniciato da una barba curata si apre in un largo sorriso: "Certamente".