Non si scherza nell’Italia dei perbenisti

Giorgio

Comaschi

Viene da ridere. O da sorridere. Negli anni 60 la Fiorentina aveva un giocatore turco che si chiamava Can Bartù. Quando andava a giocare in trasferta tutto lo stadio, appena toccava la palla, faceva: "Uh, uh, uh, uh!". Per prenderlo in giro sulla sua "u" accentata. Lui se ne fregava e continuava a giocare. A volte sorrideva. Pensate adesso. Sarebbe uno scandalo, con interrogazioni parlamentari e scuse dei tifosi. È esplosa la manìa del "non si può, non sta bene". Una presa in giro, uno sfottò, nulla. Fiabe abolite, il mondo Disney censurato per riferimenti razzisti, i film storici aboliti. Siamo diventati improvvisamente tutti più buoni. Non si può imitare nessuno se è straniero. E se lo fai devi chiedere scusa. Se la Hunziker fa il segno degli occhi tirati del cinese deve chiedere subito scusa. Ma perché? Che offesa è? Non diciamo per favore questa cosa ai cinesi, sennò pensano che siamo siamo impazziti e si metterebbero a ridere. Di noi. Della nostra demenza dilagante, dove se io faccio il gesto di ramazzare una strada imitando un netturbino, dopo devo chiedergli scusa.

Eccoci qua: i Bacchetton dei Bacchettoni. Meriteremmo Paperopoli. Del resto, se usiamo una parola in inglese ogni cinque per fare i fighi vuol dire che siamo fritti. Possiamo solo peggiorare. Se i telecronisti sportivi parlano di braccetti e di quinti e di clean sheet. Se per andare a fare un tampone bisogna sapere cosa vuol dire drive through. Se la Mami di "Via col vento" non ti può più fare sorridere perché è di colore. E Tex Willer? Abolito, a meno che non chieda scusa agli indiani? Se in un film di Bond c’è il doppiaggio di un russo con la cadenza russa cosa facciamo? Ritiriamo il film? Ma sì, dai. Diventiamo seri, dopo cent’anni di storia, di arte, di comici, di gente che si è presa in giro senza voler offendere nessuno. D’incanto ci siano messi la giacca e la cravatta di chi vuol essere perbenino. Spargendo melassa a fiumi. Qual è la prossima, che non vediamo l’ora?