Non piove, il Nord è allo stremo Stato di emergenza come col Covid

A luglio il governo disporrà misure eccezionali nelle aree più colpite dalla grande sete

di Antonio Troise

Dopo la pandemia, la siccità. In Italia torna lo stato di emergenza. L’ultimo era terminato il 22 marzo scorso, grazie alla ritirata del contagio. Dopo poco più di tre mesi, il governo si trova ad usare le maniere forti. Anche se, questa volta, gli interventi non riguarderanno tutto il Paese ma solo le aree più colpite dalla grande sete, a cominciare da Lombardia, Piemonte ed Emilia. I primi interventi si vedranno già nel decreto aiuti-bis che il governo sta limando e che sarà pronto entro la prossima settimana. Poi, nei primi giorni di luglio, scatterà lo stato di emergenza, per il quale non serve il voto del Parlamento ma solo una delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del premier e dopo aver acquisiti i pareri della Regione o della Provincia autonoma interessata. La situazione è ormai catastrofica, ci sono aree dove non si vede una goccia d’acqua da oltre 120 giorni. Secondo le prime stime, la conta dei danni per settore agricolo e zootecnico potrebbe sfiorare i 3 miliardi di euro.

Numeri che hanno intensificato, nelle ultime ore, il pressing dei partiti. Il leader della Lega Salvini vuole un "decreto siccità", Pd e Cinquestelle chiedono all’esecutivo di riferire in Aula. Mentre, da Bruxelles si fa sentire il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, che parla di una situazione "estrema". "La scienza è molto chiara – ha spiegato – gli eventi climatici che si stanno verificando in tutta Europa minacciano la sicurezza alimentare. guardiamo le grandinate in Croazia, le siccità estreme in Italia che stanno portando a un’orribile carenza d’acqua, o al Gota fría in Spagna". Ieri, a Roma, c’è stato un primo vertice fra il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, e le Regioni. La situazione resta molto critica anche perché il meteo non promette nulla di buono. "Non ci attendiamo un’inversione di tendenza - ha annunciato Curcio al termine della riunione - I fiumi sono in grossa dismissione e il cuneo salino nel Po arriva addirittura a decine di chilometri". I governatori di Piemonte e Lombardia, Alberto Cirio e Attilio Fontana, non hanno nascosto le loro preoccupazioni arrivando perfino a sostenere che, a questo punto, lo stato di emergenza potrebbe essere non solo insufficiente ma addirittura dannoso: "Serve una cabina di regia commissariale del governo". Fontana ha anche sottolineato che "Regione Lombardia è al lavoro per attivare una serie di interventi che garantiscano l’equilibrio tra le esigenze idropotabili e quelle dell’irrigazione". E che "va in questa direzione l’accordo con i gestori idreoelettrici per un maggior rilascio di acqua che possa consentire di irrigare i campi e garantire il primo raccolto". Meuccio Berselli, segretario generale dell’autorità di bacino del Po, parla di una tempesta perfetta: "Negli ultimi mesi abbiamo visto che la neve, durante l’inverno, ha raggiunto il picco del 6070 per cento, quindi questo ha influenzato la risorsa, lo stoccaggio e l’immagazzinamento dell’acqua necessaria al riempimento dei grandi laghi regolati; in secondo luogo, non piove da almeno 120 giorni e le temperature sono più alte di tre-quattro gradi rispetto alla media del periodo". Gravissima la situazione anche in Piemonte, dove 200 comuni hanno già razionato l’acqua.

Ma quali sono gli interventi in cantiere? Fra le ipotesi più accreditate c’è, in primo luogo, il razionamento dell’acqua con uno stop durante le ore notturne. Ma si potrebbe anche decidere di fermare l’uso delle risorse idriche a fini ludici, come ad esempio per le fontane o per riempire le piscine. Un intervento che preoccupa soprattutto i proprietari dei parchi acquatici. In bilico anche la produzione di energia idroelettrica. La mancanza di acqua ha già fermato 7 centrali. Ma altri stop potrebbero essere decisi nelle prossime ore. Con lo Stato di emergenza la Protezione civile potrebbe avere poteri speciali ed una dotazione finanziaria ad hoc per coprire gli interventi d’urgenza, come il trasporto dell’acqua con le autobotti. C’è poi il nodo dei risarcimenti. Gli indennizzi potrebbero scattare se i danni dovuti alla siccità supereranno il 30% del fatturato delle aziende.

Nell’agenda del governo, poi, ci sono gli interventi strutturali per migliorare le infrastrutture. A cominciare dalla realizzazione di una rete capillare di piccoli invasi in grado di raccogliere l’acqua piovana (attualmente, quasi il 90% si disperde). In cassa, però, ci sono solo 400 milioni su una dotazione necessaria di almeno dieci volte superiore. Per questo si sta pensando di ricorrere ai fondi del Pnrr, dove sono previsti 3,5 miliardi per il miglioramento del nostro sistema idrico.