Martedì 16 Aprile 2024

"Non pensavamo più alla guerra. L’Occidente rimetta in moto la Storia"

Lo scrittore Halter conosce Putin da trent’anni: ha il piede in un ingranaggio che non sa più fermare. "Va fatto uscire da lì: serve un negoziato condotto dalla Chiesa. L’Europa? Deve avere un esercito per restare libera"

Un militare ucraino attende di combattere in un rifugio nella regione di Lugansk (Ansa)

Un militare ucraino attende di combattere in un rifugio nella regione di Lugansk (Ansa)

"La Storia si è fermata e non sappiamo più quale sarà il nostro futuro. Il pericolo è enorme perché Putin è in difficoltà: per uscire dall’impasse è obbligato a far paura. Può succedere tutto. Potrebbe lanciare contro l’Ucraina un ordigno nucleare, non una bomba come quella di Hiroshima, ma un ordigno miniaturizzato che colpirebbe una singola città, o un singolo quartiere. Uomini e donne, bambini e vecchi polverizzati… Bisogna far presto, ottenere un negoziato che fermi le armi. Ho mandato a Putin una lettera aperta che sarà pubblicata domani dai giornali di Mosca, in cui lo scongiuro di accettare le trattative". Tesissimo, angosciato, ma convinto che qualche spiraglio esista ancora, lo scrittore Marek Halter suggerisce che il Papa e il Gran Patriarca della Chiesa ortodossa russa vadano insieme ad incontrare Putin. "Potrebbe funzionare. Putin è credente, è battezzato, va in chiesa. La visita al Cremlino delle due massime autorità religiose gli offrirebbero una via d’uscita straordinaria". Ebreo di origine polacca, nato a Varsavia il 27 gennaio 1936, Marek Halter è naturalizzato francese dal 1980.

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Come comincia la sua lettera?

"Vladimir Vladimirovich, lei lo sa, io amo la Russia che mi ha salvato la vita quando i nazisti decisero di annientare il mio popolo. Ma adesso perché mancare l’ultimo gradino nell’ascesa del suo Paese? Perché la guerra? Le guerre lasciano sempre sul campo un esercito di feriti, un esercito di persone che piangono e un esercito di ladri. Senza parlare dei morti che, come dice Shakespeare nel Macbeth, non lasceranno mai tranquilli i vivi. Siamo ancora in tempo, Vladimir Vladimirovich: interrompa questo conflitto".

Non crede che Putin si sia spinto ormai troppo avanti?

"Non ci sono altre strade. Putin ha messo il piede in un ingranaggio che non sa più come fermare. Dobbiamo farlo uscire di lì".

Ricorda la tristemente celebre conferenza di Monaco del 1938? E l’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche nel 1939? Francia e Inghilterra non fecero niente, e gli Stati Uniti intervennero solo due anni dopo. Stiamo ripetendo gli stessi errori a proposito dell’Ucraina?

"La prima volta che sono andato in Ucraina avevo 4 anni, era il 1940 e con i miei genitori stavamo scappando dal ghetto di Varsavia. I giovani di oggi non hanno idea di che cosa abbiano sofferto i loro coetanei di allora. Ma per rispondere alla sua domanda: sì, l’Occidente avrebbe dovuto reagire subito davanti all’attacco russo".

Contravvenendo alle regole Nato? Mandando truppe in un Paese come l’Ucraina che non fa parte neanche dell’Ue?

"Non truppe, aerei. Mille aerei occidentali nel cielo di Kiev per creare una no-fly zone a protezione dei civili. Se si fosse fatto subito, i russi non avrebbero reagito e noi avremmo potuto imporre un negoziato in posizione di forza. Putin lo avrebbe accettato. Oggi è troppo tardi, ci sono già stati troppi morti, si è generato troppo odio fra le due parti e ci sono in giro brigate internazionali di avventurieri che spingono per il peggio".

Ci sono le sanzioni economiche.

"Quelle non fanno paura né alla Russia, che ha la più grande riserva aurea del mondo, né agli oligarchi, che anche se gli togli la metà del patrimonio ne hanno abbastanza per continuare a vivere da miliardari".

Non è incredibile che nel 2022 ci troviamo a parlare di guerra? I giovani non sanno cosa sia.

"Ci sono tre generazioni che sono nate in tempo di pace. Le guerre, anche quelle del Kosovo e della Bosnia, erano lontane, non ci toccavano. Adesso non solo possiamo quasi sentire il rumore dei carri armati, ma evochiamo addirittura la possibilità di un conflitto nucleare, qualcosa che credevamo impossibile, una realtà archiviata per sempre e dappertutto".

È giusto creare una difesa comune dell’Europa, come chiede Macron che ha convocato un vertice europeo a Versailles nei prossimi giorni?

"È giustissimo. Ricordiamo la domanda di Stalin: quante divisioni ha il Papa? L’Europa deve avere un esercito se vuole restare libera".

Lei conosce Putin da 30 anni, lo ha incontrato decine di volte. Che tipo è? Un paranoico? Un pazzo? Un megalomane?

"No, è un uomo tagliato fuori dalla realtà. Sa cosa disse Dumas quando vide il Cremlino? Che chiunque vivesse dietro quei muri non poteva avere il senso della realtà".

Quando è stato il suo ultimo contatto con lui?

"Poco più di un mese fa. Ero in Russia per festeggiare il mio 86esimo compleanno, invitato dagli amici dell’università di Mosca. Putin mi mandò il suo addetto culturale, Mikhail Shvydkoy, con un messaggio di congratulazioni. C’era scritta fra l’altro una frase che mi colpì: “Chi non rimpiange l’Unione Sovietica, che ha saputo riunire 73 etnie attorno ad un sogno comune, non ha cuore. Ma chi pensasse di riconquistarla, sarebbe senza cervello“".

E adesso?

"Adesso dobbiamo fermare la guerra. Avendo ben chiara una cosa: la Russia ha cessato di essere europea. Si è avvicinata alla Cina e all’Asia. Ed è colpa nostra".