Giovedì 18 Aprile 2024

"Non pagheremo il gas in rubli" E Putin chiude due rubinetti europei

Gazprom sospende la fornitura a Polonia e Bulgaria. Tensione sui mercati, impennata dei prezzi

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di Elena Comelli

La prima vera rappresaglia di Vladimir Putin contro l’Europa è scattata ieri ai danni della Polonia e della Bulgaria. Mosca ha improvvisamente interrotto la fornitura di gas ai polacchi attraverso il gasdotto Yamal, l’arteria principale da cui dipende l’afflusso di metano verso i principali sostenitori europei della resistenza ucraina all’invasore. Subito dopo le voci sullo stop di Mosca alla Polonia il prezzo del gas sulla piazza di Amsterdam (che fa da riferimento per l’Europa intera) è schizzato in su del 17% a 107 euro per megawattora, ripiegando poi a quota 98 (+7%). Già domenica il flusso lungo le tubature dello Yamal si era interrotto per diverse ore, per poi ripartire, ma un grafico pubblicato ieri da Zet News mostra con chiarezza che da ieri mattina la quantità di gas immessa all’ingresso dello Yamal in Polonia, nel terminale di Kondrakti, è di nuovo crollata. Ieri Gazprom, nel tardo pomeriggio, attraverso l’agenzia russa Tass, aveva negato lo stop. Poi però è arrivata anche la nota ufficiale dell’operatore polacco dell’impianto PGNiG, che spiega di aver ricevuto una notifica dalla compagnia russa secondo cui le forniture verranno "completamente interrotte" a partire dalle 8 di stamane. Lo stesso avviso è stato inviato anche in Bulgaria. L’azienda polacca ha anticipato che chiederà i danni per il mancato adempimento del contratto e il governo ha subito riunito una unità di crisi per monitorare la situazione.

A fine marzo Mosca aveva minacciato i Paesi europei che appoggiano l’Ucraina di "chiudere il rubinetto" se non avessero saldato la loro bolletta energetica in rubli, al posto di euro o dollari, e l’ultimatum con il quale Putin aveva imposto ai cosiddetti "Paesi ostili" il pagamento delle forniture in rubli è scaduto venerdì. Varsavia, allineandosi agli altri governi Ue, aveva deciso di rifiutare questa imposizione. Il colosso energetico russo Gazprom, inoltre, figura nella black list delle aziende o degli oligarchi di Mosca colpiti dalle sanzioni. "Siamo pronti a diventare completamente indipendenti dalle forniture di gas russo già nel 2022", aveva dichiarato nei giorni scorsi Piotr Naimski, ministro polacco per le infrastrutture energetiche. Attualmente il 55% delle importazioni di gas della Polonia proviene dalla Russia, ma Varsavia ha già adottato diverse misure per ridurre la propria dipendenza, tra cui l’espansione di un terminal a Swinoujscie, nel Nord-Ovest della Polonia, e la costruzione di un nuovo gasdotto dalla Norvegia, con cui ha già sottoscritto un contratto per aumentare le forniture.

Tra i governi europei, quello di Varsavia era stato tra i più decisi nel reclamare l’estensione delle sanzioni contro Putin anche alle forniture di idrocarburi, malgrado l’estrema dipendenza del Paese dalle forniture russe. Il premier Mateusz Morawiecki era era stato il primo a recarsi di persona a Kiev, assieme ai colleghi della Slovenia e della Repubblica ceca, per manifestare solidarietà a Volodymyr Zelensky. Proprio ieri mattina, inoltre, il ministro tedesco dell’economia Robert Habeck, parlando da Varsavia, aveva annunciato che la Germania è pronta a fare a meno del petrolio russo "nel giro di pochi giorni". Sta andando nella stessa direzione anche il resto d’Europa, ma in ordine sparso, perché Germania e Austria si sono opposte al blocco unitario delle forniture russe di idrocarburi all’Ue.

Il governo britannico di Boris Johnson, invece, chiede agli alleati della Nato un piano concreto sui tempi di uno sganciamento totale dall’import di petrolio e gas da Mosca. La ministra degli Esteri, Liz Truss, ha affermato ieri alla Camera dei Comuni che "è assolutamente cruciale tagliare i finanziamenti garantiti alla Russia dagli idrocarburi. Noi interromperemo ogni importazione di carbone, petrolio e gas entro la fine del 2022. Vogliamo vedere un calendario degli altri nella stessa direzione", perché solo restringendo le risorse che arrivano a Putin dagli idrocarburi gli s’impedirà di avere i fondi per rifornire la sua macchina da guerra".