Non fucili ma recinzioni di sicurezza

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Fulvio

D’Eri

La questione non è uccidere o non uccidere, bensì garantire la sicurezza. Gli orsi che scorrazzano in libertà sull’arco alpino (non solo in Trentino: a inizio estate ne sono stati avvistati anche in Valtellina) hanno riportato alla luce il problema dell’incolumità delle persone e degli animali d’allevamento presenti in quota, potenziali bersagli dei plantigradi. Finora in provincia di Sondrio non vi è stata alcuna segnalazione di attacchi all’uomo. D’altronde l’orso, animale solitario, attacca solo se sente minacciati i suoi cuccioli e, allo stato attuale, si segnala la presenza solo di esemplari maschi.

Ma in futuro gli orsi potrebbero trovare l’habitat per formare famiglie semistanziali, con tutte le conseguenze del caso. E in territori ad alta vocazione turistica come la provincia di Trento e la Valtellina, con boschi e sentieri presi d’assalto da turisti ed escursionisti, è doveroso garantire sicurezza ai frequentatori delle montagne. Non solo: in aree così antropizzate, vanno tutelati i residenti e le attività economiche. Non a caso la problematica relativa agli attacchi dell’orso a pecore e capre, o agli alveari, è molto sentita. Il danno per allevatori e agricoltori è ingente, ma il rimedio c’è: si chiama recinzione elettrificata, un dispositivo che garantisce il risultato al 99.9% . In definitiva per risolvere il “problema” orsi (e lupi) non serve il fucile; basta incrementare il servizio di monitoraggio e gli aiuti alle attività produttive, oltre che porre in essere quelle misure atte a garantire la convivenza tra l’uomo e i plantigradi.