Giovedì 25 Aprile 2024

Non è la solita scissione Rischia anche il governo

Se Conte lasciasse il Movimento, una sua lista pescherebbe soprattutto dal Pd. E un Letta indebolito metterebbe in discussione la ’pax’ di Draghi fino al 2023

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Pierfrancesco

De Robertis

Oggi o più probabilmente domani conosceremo l’epilogo dell’ultimo dramma a Cinquestelle, e sapremo se Giuseppe Conte e Beppe Grillo faranno finta di aver trovato un accordo o ufficializzeranno una crisi che comunque c’è già ed è irreversibile. Si tratterà solo di capire se i due vivranno da separati in casa per qualche tempo o andranno subito dall’avvocato matrimonialista per le pratiche divorzili. In ogni caso è possibile già da ora ipotizzare le conseguenze che una rottura imprevedibile fino a qualche settimana fa riverserà sulla politica italiana, a breve e medio termine. Non si tratterà di conseguenze di poco conto, e il divorzio Grillo-Conte sarà il terzo passaggio-chiave della legislatura dopo il harakiri di Salvini dell’estate 2019 e il testacoda di Renzi da poco consumato.

La conseguenza più immediata sarà sulle alleanze amministrative tra M5s e Pd, e sul Pd stesso. Sia che le cose si rappecettino e non nasca nell’immediato una lista Conte sia che invece l’ex premier voglia andare all’incasso della sua tuttora alta popolarità. Non potendo contare su una forza programmatica propria il Pd aveva puntato tutte le sue carte su un’alleanza con i grillini, ma se i grillini esplodono, anzi implodono, l’alleanza frana su se stessa prima di cominciare. Un partito diviso e dilaniato come saranno i Cinquestelle non avrà lo stesso peso di quello che ancora restava fino a due settimane fa, in calo ma pur sempre accreditato di un dignitoso 15-16 per cento. Nel caso di divorzio ufficiale Grillo-Conte le cose si metteranno anche peggio per i dem, perché la lista Conte (data dai sondaggisti intorno al 16-18%) pescherà proprio dal Partito democratico, oltreché evidentemente dal Movimento dal quale viene gemmata. Il Pd potrebbe arrivare a pesare intorno al 14-16 per cento. Senza contare un ulteriore elemento di preoccupazione per i democratici: quale è il profilo che il Movimento assumerà dopo una eventuale scissione con Conte? È probabile che senza la componente moderatrice dell’ex avvocato del popolo l’ala "grillina doc" riacquisti ancora di più i caratteri identitari del vaffa (Grillo in questi giorni ha parlato di "piazze", di "visioni") cercando per questo di riprendere a bordo gente tipo Dibba, non certo tenero con il Pd stesso.

Ma le conseguenze del divorzio saranno anche sul governo e sulla legislatura. In un quadro così scomposto, fragile, con una leadership Pd indebolita, una lista Conte ansiosa di riscuotere il consenso, la pax draghiana può durare fino al 2023? Difficile, obiettivamente. Conte sa che gli indici di gradimento sono mutevoli, vanno presi al volo, Letta sarà ammaccato ma proprio per questo cercherà di anticipare le elezioni per tenere compatti i suoi con la pressione del posto in lista, il centrodestra ovviamente non aspetta altro che le urne. Certo, la forza di autoconservazione del Palazzo e la pensione che i parlamentari riscuotono solo dopo quattro anni e sei mesi (settembre 2022) fanno miracoli, senza contare che in mezzo c’è l’elezione del presidente della Repubblica, il Recovery plan, ci sono mille variabili a ora poco considerabili. Ma lo scossone del partito di maggioranza relativa che si divide e la probabile nascita della lista dell’ex premier non passeranno senza conseguenze.