Bocelli, il "negazionista". Non c’è scampo per chi canta fuori dal coro

Le parole sono pietre. Esser lapidato è un attimo. Da ieri lo sa bene Andrea Bocelli, voce italiana numero uno al mondo, accusato di essere il negazionista del Covid 19. Perché? Perché ha detto ciò che molti, pur rispettando la quarantena, hanno pensato nei giorni terribili dall’8 marzo al 3 giugno: "Mi sono sentito umiliato e offeso per la privazione della libertà di uscire di casa senza aver commesso crimine alcuno". E perché ha aggiunto ciò che, ora, a torto o a ragione, molti pensano: la situazione in Italia è meno drammatica. Bocelli ha parlato in Senato. Assieme a Matteo Bassetti, Massimo Clementi e Alberto Zangrillo, tre professori che, in prima persona, hanno combattuto contro la pandemia. 

Negazionisti anche loro? Sì, perché hanno opinioni diverse rispetto alla maggioranza dei colleghi: "La macchina del fango ha raggiunto livelli inaccettabili. Ci deve essere un pensiero unico nella scienza? Non mi piace un Paese così", ha contrattaccato Bassetti. Centrando, al di là del merito, il punto: ovvero, la dittatura del pensiero unico.

Dici che un bimbo ha bisogno di papà e mamma? Sei omofobo. Avanzi l’ipotesi che gli immigrati andrebbero aiutati a casa loro (ciò che i missionari fanno da secoli, spesso con risultati eccezionali)? Sei razzista.

Non ti allinei alle valutazioni dei più sullo stato del Covid 19 oggi in Italia? Sei negazionista. Di qua i buoni e giusti, di là i mostri da sbattere su Facebook, Instagram, Twitter.

Che ti oscurano se non aderisci al pensiero dominante.

È un andazzo pericoloso. Esasperato, non a caso, in un Paese che negli anni Settanta dava del fascista a chiunque non fosse allineato con idee di sinistra. Allora, per dire, bastava leggere il Giornale di Indro Montanelli per essere considerato un nostalgico del Duce. E chi votava Democrazia cristiana lo faceva di nascosto, pena l’accusa minima di baciapile, massima di fiancheggiatore della mafia.

La lunga stagione del bipolarismo, poi, ha avvelenato definitivamente i pozzi della ragione, creando nuovi fossati tra sedicenti giusti e presunti reprobi. E, così, oggi eccoci qua, a veder brandire un aggettivo, negazionista, da sempre riservato a chi nega l’esistenza dei campi di sterminio. Ma che ora viene usato, con colpevole disinvoltura, per etichettare chi va, montanellianamente, controcorrente. Ovvero, si avvale della libertà di non aderire al pensiero unico. Vi pare una cosa sana?