Giovedì 18 Aprile 2024

"Noi, insultati e messi alla porta" Conte fa la vittima, Raggi lo insidia

Cinque stelle compatti in Senato, ma il partito è terremotato. Grillo medita di affidarlo all’ex sindaca

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di Elena G. Polidori

ROMA

Da carnefici a vittime, il passo è fin troppo breve per Giuseppe Conte. "Siamo diventati il bersaglio di un attacco politico, siamo stati messi alla porta, non c’erano le condizioni perché potessimo continuare con leale collaborazione – ha commentato ieri sera, a ’delitto’ consumato – abbiamo visto da parte del premier Draghi, non solo indicazioni generiche su alcune misure, ma anche un atteggiamento sprezzante, ci dispiace, abbiamo ricevuto anche degli insulti". Insomma, per il Movimento 5 stelle l’aver innescato la crisi di governo più dolorosa – per il Paese – degli ultimi anni è quasi motivo d’orgoglio. Ma adesso la partita elettorale che si apre è piena d’incognite.

L’annunciata diaspora – è vero – non c’è stata, anzi il M5s ha risposto in modo compatto al voto di fiducia al Senato disertando l’Aula come annunciato dalla capogruppo a Palazzo Madama, Mariolina Castellone al momento della dichiarazione finale. Cala il sipario, dunque, sulla legislatura, ma di sicuro anche sul M5s così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi. Perchè quello che esce dal voto di ieri è un partito terremotato al suo interno, con Giuseppe Conte leader insidiato già a distanza da una Virginia Raggi che si scalda in panchina e pare pronta – almeno a detta dei bene informati interni all’ala barricadera grillina – a prendere le redini di quella parte del partito che ha pervicacemente voluto la fine dell’era Draghi.

Grillo, il grande assente delle ore più dure di fine legislatura, nei giorni scorsi le avrebbe detto "tieniti pronta", ma è tutto da capire come e cosa diventerà il partito grillino da oggi in poi. La resa dei conti interna è attesa comunque già nelle prossime ore, quando personaggi del calibro di Davide Crippa, il contestato capogruppo della Camera pro Draghi, dovrà decidere se restare o meno nel partito o lasciare, portandosi via un nutrito gruppo di deputati in direzione Luigi Di Maio e il suo nuovo gruppo. "Non potevamo votare la fiducia – ci racconta ormai a tarda sera un senatore grillino tra i mediatori delle ultime ore – perchè Draghi ci ha puntato addosso il fucile sul Superbonus e su altre misure, come il reddito di cittadinanza e chi l’ha scritto, che è stato davvero offensivo". Nelle chat, infatti, si registravano malumori pesanti in merito alle parole usate da Draghi nella replica, soprattutto sul fronte del Superbonus: "Dopo una replica così, che ca... dobbiamo dirgli?", si leggeva ieri in una chat proprio mentre da Di Maio arrivavano parole di fuoco: "La politica ha fallito – ha commentato il ministro degli Esteri – davanti a un’emergenza la risposta è stata quella di non sapersi assumere la responsabilità di governare. Si è giocato con il futuro degli italiani. Gli effetti di questa tragica scelta rimarranno nella storia".