Noi, i ragazzi del liceo Dad. Pesa anche uscire di casa

Roma, un libro sulla scuola da casa scritto da un prof coi suoi studenti. "Gli alunni sentono la mancanza di una vita ordinaria. E sono spaventati"

Scuola

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Roma, 19 aprile 2021 - "Dopo la fine della Seconda guerra mondiale non c’è mai stato un periodo così difficile per la scuola italiana. Tutti ci porteremo dietro degli strascichi di questa situazione, ma gli studenti hanno la sensazione di aver perso di più. Un anno di vita perso a cinquant’anni è diverso da un anno di vita perso a 16". Quando la didattica a distanza ha sostituto il rapporto in presenza con i suoi ragazzi Carlo Scognamiglio, professore di Filosofia e Storia presso il liceo scientifico Cavour di Roma, storico istituto a due passi dal Colosseo, ha deciso di spronare i 24 studenti della V D a riempire in maniera costruttiva quel vuoto che da mesi sembrava privare di significato le loro vite. "L’idea – spiega – è stata quella di fare qualcosa di importante per non avere la sensazione di aver veramente buttato quest’anno. Canalizzando le energie su questo progetto gli studenti, da vittime del cambio continuo di decreti, sono diventati soggetto storico e hanno detto la loro partecipando al dibattito culturale". Nasce così il libro ‘Studiare (l)a distanza’ – Come il Covid19 ha stravolto la vita dei ragazzi’ (Pensa MultiMedia), un lavoro corale che, tra digital divide e Dpcm, racconta questa complessa fase della storia dal punto di vista dei ragazzi.

Bollettino Covid del 19 aprile

Professore, come stanno vivendo i suoi studenti questa situazione?

"Sono quasi 14 mesi, un periodo molto lungo. Molti sono in difficoltà. Se da un lato soffrono per l’impossibilità di vivere una socialità completa, e questo li porta anche ad avere problemi di concentrazione nello studio, dall’altro capiscono che si stanno abituando a questa situazione. Che il semplice fatto di uscire di casa iniziare a pesare loro. Sentono la mancanza di una dimensione di vita ordinaria ma si stanno abituando a quella straordinaria e questo li spaventa. E spaventa anche noi insegnanti".

Quali, a suo avviso, gli aspetti negativi della dad?

"A quell’età una privazione così forte della dimensione sociale, comunicativa, dell’esperienza affettiva, ha un forte impatto. Molti ragazzi in famiglie numerose devono, inoltre, condividere lo spazio all’interno di piccoli appartamenti o seguire le lezioni con una connessione debole, a volte con i genitori che litigano. Vi è poi il digital divide che ha complicato il quadro per tutta una serie di studenti che si sono sentiti esclusi".

Ci sono anche dei lati positivi?

"Alcuni studenti hanno riconosciuto di aver imparato a organizzarsi meglio. Il Covid li ha costretti ad avere una vita meno scandita da impegni esterni e hanno dovuto imparare a gestire da soli il lavoro e la giornata. Tra i contributi positivi della dad c’è, inoltre, la maturazione della consapevolezza della necessità di accelerare sulla media education, per insegnare agli studenti che il web deve poter essere usato per creare cultura, mondi, significati, e non solo per un superficiale intrattenimento. Abbiamo, infine, imparato ad apprezzare di più il mondo, quello offline, che prima tendevamo spesso a trascurare".

Che ricadute avrà sugli studenti questo 2020 così difficile per la scuola italiana?

"Sicuramente andremo incontro a un fenomeno di analfabetismo di ritorno. Una grande parte di studenti è rimasta troppo indietro e ha addirittura perso delle competenze che aveva acquisito. Dal punto di vista dell’apprendimento e della felicità c’è stato un arretramento del quale bisognerà tenere conto nei prossimi anni".

Si poteva fare meglio?

"Si sarebbe dovuto valorizzare di più l’attività asincrona: la dad non può essere la trasposizione in videolezione della didattica tradizionale".