Sabato 20 Aprile 2024

Italia-Inghilterra, i nostri "padrini" convinti di averci insegnato tutto

Si sentono maestri, dal calcio alla politica. Ma la regina Vittoria parlava italiano e amava Garibaldi. I francesi sono cugini (un po’ spocchiosi) e gli spagnoli fratelli. Con i tedeschi è un rapporto di amore e odio

Il gol di Capello a Wembley

Il gol di Capello a Wembley

Inghilterra-Italia, a Wembley. Per chi tifa l’Europa? Gli europei sono uniti da pregiudizi, positivi o negativi, basta una partita per far rinascere vecchi luoghi comuni. E il calcio è una zona franca dove è consentito dire frasi che non sarebbero perdonate in un altro contesto.

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Il nucleo dell’Europa, il nocciolo, è formato non a caso, da cinque nazioni dall’antica tradizione calcistica. Gli altri europei non si risentano, sono Francia, Germania, Inghilterra, Spagna e Italia. L’Inghilterra non è più nell’Ue, la Spagna non è un socio fondatore, è giunta in ritardo, ma l’Unione di Bruxelles non coincide con l’Europa profonda, fatta di legami tortuosi, antichi di secoli. Coi francesi siamo cugini, ma con gli spagnoli siamo hermanos, fratelli. Gli inglesi si sentono sempre nostri padrini, convinti di averci aiutato a diventare indipendenti. La regina Vittoria, che parlava italiano, confessa nelle memorie di aver provato un brivido quando ricevette l’eroe Garibaldi. Ma il nostro tricolore ricorda quello francese, il verde al posto del blu.

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E furono gli inglesi a esportare il calcio in Italia, che avevano però inventato i fiorentini qualche secolo prima. Stranamente i rapporti calcistici con l’Inghilterra sono rari. Espugnammo Wembley in amichevole il 14 novembre del ´73, gol di Capello a 6 minuti dalla fine. I giornali britannici scrissero che gli Azzurri erano una squadra di camerieri. Il fair-play inglese è una leggenda, almeno quando perdono. Gli italiani continuano a vedere nei francesi i loro alleati naturali. Ma i cugini ci guardano dall’alto in basso, non ci vogliono al loro fianco. Si credono i primi della classe, stimano poco anche i nostri letterati, musicisti e pittori.

Al contrario degli intellettuali tedeschi che li rispettano, anzi li amano. Con la Germania il rapporto è da sempre di odio amore, noi li avremmo traditi due volte, per Bismarck l’Italia era la prostituta d’Europa. Ma Erich Kuby scrisse un libro per dimostrare che facemmo bene ad abbandonare un criminale come Hitler. Nonostante i pregiudizi, in realtà non c’è legame più stretto in Europa, di quello tra italiani e tedeschi. I soldati della Wehrmacht fatti prigionieri dagli alleati lungo la Linea Gotica, rimasero per mesi nei campi di concentramento in Romagna. Conservarono un buon ricordo della popolazione, che li trattò bene. Negli anni ’50 vollero tornare in vacanza in quei luoghi. E la Riviera adriatica venne chiamata il Teutonengrill.

Sempre allora, nel ´54 ai Mondiali in Svizzera la Germania batté i favoriti ungheresi 3-2. Fu il primo segno che il passato poteva venire superato. Lo ricorda Fassbinder nel film ’Il matrimonio di Maria Braun’. Nel 1970 in Messico italiani e tedeschi furono protagonisti dello storico 4-3 di Toluca, una sorta di opera lirica che ci vide insieme, vincitori e sconfitti. Loro parlano di blaue Flucht, di maleficio azzurro, contro di noi – non se lo spiegano – perdono sempre. Nel 2006 gli rovinammo la festa ai Mondiali in Germania, erano sicuri di vincere e li battemmo in semifinale. Nella finale contro la Francia, i tedeschi fecero il tifo per i blue, ed è umano. Fu una partita cattiva, tra cugini corre sempre cattivo sangue, i francesi non accettarono il ko contro i ’maccaroni’, come ci chiamano. Al contrario con gli spagnoli ci siamo abbracciati dopo la vittoria, non del tutto meritata. Loro hanno riconosciuto sportivamente la sconfitta, vince chi non sbaglia un rigore, e ora faranno il tifo per gli Azzurri. Siamo hermanos, fratelli.

Il calcio non sarà importante, ma il catenaccio era la prova che noi in fondo eravamo sempre infidi, per non dire lazzaroni, ci difendevamo per colpire a tradimento. Oggi la popolare Bild ci dedica il titolo ’Catenacchio, es war einmal’ (catenaccio c’era una volta): non è un errore, loro proprio non capiscono la ’c’ all’italiana. Se siamo cambiati allo stadio, significa che si possono fidare di noi. Ursula von der Leyen, presidente della commissione europea, ha confessato che "terrà per gli azzurri", benché l’inglese sia la sua seconda lingua madre. Un errore diplomatico forse, ma nel calcio è consentito. Anche i suoi tedeschi staranno per noi.

Questa è l’Europa, siamo uniti e restiamo diversi. È il fascino del vecchio Continente.