Per approfondire:
Per ora si parte con la quarta dose agli immunodepressi, poi, dopo l’estate, toccherà alle fasce più a rischio della popolazione, dagli anziani ai sanitari. Ma sarà un richiamo ‘mirato’, come accade per l’influenza, anche se c’è dibattitto fra i consultenti del governo. Covid, il bollettino del 23 febbraio Se l’andamento epidemiologico confermerà il trend attuale di discesa delle curve e l’avvio di una fase di diffusione endemica del virus SarsCoV2, è questa l’ipotesi più concreta sul tavolo del ministero della Salute. "Saranno le evidenze scientifiche a suggerirci la strada migliore – mette le mani avanti il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri –: è possibile che dopo l’estate e con l’inizio della stagione fredda si possa valutare la somministrazione di una dose vaccinale di richiamo anti-Covid alle fasce della popolazione più a rischio, come ad esempio gli anziani, analogamente a quanto già avviene per altre patologie come l’influenza". Per il momento, quindi, niente secondo booster erga omnes, anche se lo stesso sottosegretario si dice pronto, "se a ottobre servirà un vaccino per tutta la popolazione". Il governo sceglie così di seguire il Regno Unito che, a partire dalla primavera, ha annunciato una quarta dose limitata agli immunodepressi (e agli over 75). Che una dose ulteriore non sia da generalizzare lo sostiene pure il presidente di Gimbe: "Ad oggi per la popolazione generale non ci sono evidenze scientifiche che dicano che serva la quarta dose". Ciò anche perchè, rileva Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare del Campus Bio-medico di Roma, "stiamo andando verso una fase endemica del virus. In questo contesto sarà comunque necessaria una dose di richiamo, che tuttavia dovrebbe essere consigliata solo alle fasce a rischio a partire dagli anziani, perché, proprio come accade per l’influenza, sono questi i soggetti più a rischio di conseguenze ...
© Riproduzione riservata