Venerdì 19 Aprile 2024

No, i vaccini devono essere un bene comune

Lorenzo

Guadagnucci

La pandemia di Covid-19 è per definizione una sfida globale. Il virus non conosce confini e passa da un continente all’altro con una facilità che nessun altro virus ha mai avuto nella storia. La risposta non può che essere globale. Nella prevenzione delle zoonosi (il passaggio degli agenti patogeni dagli animali all’uomo) e quindi con la tutela degli ecosistemi e della vita selvatica dall’invadenza delle attività umane, e nella lotta al contagio e alla malattia attraverso i vaccini e i farmaci, che andrebbero considerati come beni comuni dell’umanità. Gli Usa, come l’Unione europea e altri Paesi appartenenti all’élite economica del mondo preferiscono fare da soli e si accaparrano i vaccini, sulla spinta di opinioni pubbliche nazionali che chiedono risposte immediate e in apparenza efficaci.

Ma è una strategia di corto respiro. La distribuzione irregolare dei vaccini favorisce la formazione di varianti del virus potenzialmente resistenti e c’è il rischio di dover ricominciare daccapo, visto che non è possibile né desiderabile, per nessuno stato, blindare le proprie popolazioni una volta immunizzate. Contro la pandemia serve una campagna di vaccinazioni su scala globale, come previsto dal piano Covax messo a punto dall’Oms col sostegno dell’Ue, finanziato però in modo insufficiente. Oggi prevalgono gli egoismi, ma una pandemia si può affrontare con successo solo con la cooperazione. Serve una risposta non di stato ma di specie. Lì, presto o tardi (speriamo presto), dovremo arrivare.