No alle navi Usa Nel Pacifico è guerra fredda

Cesare

De Carlo

Le Salomone, novecento isole nel Pacifico del sud. Atolli e spiagge bianche, noci di cocco e languide danze melanesiane. Un paradiso immacolato? Una volta, prima che gli spagnoli vi sbarcassero e le chiamassero così perché nella loro avidità credevano di essere sulle tracce dell’oro di re Salomone. Era il 1568 e il navigatore Alvaro de Mendana le occupò in nome di Filippo II re di Spagna. Se ne riparla ora perché la Cina comunista le sta trasformando in un avamposto strategico. Basta guardare la carta: chi controlla le Salomone controlla le rotte per l’Australia, la Nuova Zelanda, la Melanesia, la Polinesia. Ecco perché furono fra le prime ad essere occupate dai giapponesi nella seconda guerra mondiale. E perché furono le prime che gli americani vollero riconquistare. A un prezzo altissimo. La battaglia di Guadalcanal, riprodotta in dozzine di film, costò la vita a 7mila marines, più per malattie tropicali che per fuoco nemico.

A Guadalcanal si trova anche la capitale, Honiara. Ebbene l’altro giorno Manesseh Sogavare, primo ministro, ha proibito l’attracco a un guardacoste della US Navy. A dire la verità il bando riguarda tutte le navi militari. Tutte, ma non le cinesi. Perché l’eccezione? Perché nello scorso novembre il suo governo ha concesso l’apertura di una base navale cinese. In cambio ovviamente di vantaggi economici. E la cosa è due volte sorprendente. Il capo di Stato delle Solomon è la regina Elisabetta, eredità dell’epoca coloniale (come l’Australia del resto). E inoltre sino a un anno fa il suo primo ministro si era guardato bene dallo sfidare la superpotenza Usa. Poi è arrivata la fuga disonorevole dall’Afghanistan e Xi ne ha ricavato le stesse conclusioni di Putin sull’Ucraina. Con Biden poteva osare l’inosabile. Ha rivendicato Taiwan e si è allargato alle Salomone. La posta in gioco: il controllo del Pacifico meridionale. ([email protected])