Giovedì 18 Aprile 2024

Niente cinema, ristoranti, viaggi. Il buco nero delle vacanze di Natale

Ci avviamo verso 14 giorni di nulla. Confinati in casa, così le Feste rischiano di diventare un incubo

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Roma, 21 dicembre 2020 - Create delle bolle, hanno suggerito agli inglesi, e chiudetevi dentro. Una metafora obbligata dell’eccezionalità del momento. Sempre meglio che dire prigione. In realtà ci siamo già, comunque si voglia chiamare la bolla. Con lo sguardo del pesce rosso passiamo e ripassiamo davanti al film di come eravamo a Natale: promiscui, barocchi, insieme sacri e profani, forse raffreddati ma a viso scoperto. Era solo un anno fa. Ora invece ci aspettano 14 giorni da incubo, decorati dalla noia di non poter far nulla. Anche chi detestava la liturgia del panettone adesso la rimpiange. La messa di mezzanotte. Gli agnolotti per dodici. Il cinema alle sei del pomeriggio a vedere un’irrinunciabile boiata nella nebbia della digestione. I Cupiello sul palco prima di ritrovarsi al reveillon tutti agghindati, intimo rosso obbligatorio e Meu amigo Charlie Brown anche per i più snob. Partivamo tutti in qualche modo. Perché ciò che contava era interrompere la linea retta dei mesi, mettere il futuro in incubazione in quelle due settimane speciali. Una specie di Ferragosto però magico, la pacchia dei cinici che potevano ribadire ogni anno il disgusto e la ricompensa degli adulti mai cresciuti.

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Si poteva volare anche stando a casa, entrando in modalità ‘faccio quello che mi pare’. Anche continuando a lavorare. Ma sui balconi padani spuntavano gli sci recuperati in cantina e al fondo dell’autostrada la montagna non era destinazione, ma piéce teatrale, sempre quella: il bombardino a metà mattina e a mezza pista con addosso il fiato di cinquanta persone, la cioccolata delle cinque schiacciati da quello che la fa buona, vin brulè in rifugio, dove più è sempre meglio. Oppure il mare d’inverno, senza regole e senza seconda casa, una stagione dell’anima.

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E le Maldive, per dire di quell’altrove un po’ cafone, delle valigie e degli aeroporti dove si andava pallidi e si tornava tostati. Per qualcuno era Vienna o niente. Gli spavaldi a Pietroburgo, troppo facile d’estate. E poi c’era sempre Parigi, da scegliere all’ultimo momento: due cose buttate in macchina, il tunnel del Bianco come rito di passaggio e le incursioni sul Pont Neuf nelle notti di neve.

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Per i più fortunati c’erano i meno fortunati da accudire, per i bambini i nonni, per le agende l’iniziazione. Era normale scattare in avanti: Il Flauto magico prenotato a marzo, Turandot a novembre e in mezzo Jovanotti. Ora quelle pagine sono bianche. E questi quindici giorni tradizionalmente di vacanza – per chi va a scuola e per chi può – non assomigliano a niente che sia già accaduto. La Befana chiuderà il cerchio e in lei più che mai si confida: se porta via tutte le feste potrebbe fare uno sforzo e darci in cambio l’ultimo 007 in una grande sala, perché a maggio non sarà la stessa cosa. Nella bolla sta a disagio anche il misantropo che detesta i botti dell’ultima notte: non ci sono idioti da maledire, feste da rifiutare. Cinema, teatro, scuole di sci, aerei, trenini e trombette: quest’anno no. Non si gioca a tombola in quattro e non tutti sono portati per gli scacchi. È un mondo nuovo dove si procede a tentoni. E siccome a Natale ci parte la lacrima, quello vecchio sembra bellissimo.