Massimo
Donelli
Lo sapete che la Nuova Zelanda sul planisfero sembra un po’ l’Italia capovolta, no? Bene. Da ieri possiamo dire che nello stivale a sud-est dell’Australia anche la politica, rispetto alla nostra, è capovolta. Perché in quel lontano Paese sta per essere approvato definitivamente il Plain Language Bill, ossia un disegno di legge che prevede l’uso di un linguaggio semplice e comprensibile nei documenti ufficiali. Da noi, invece, una proposta analoga, presentata il 22 ottobre 2020 alla Camera dei deputati, è finita in uno dei mille cassetti della Commissione Affari Costituzionali. E lì dorme beata, nel generale disinteresse di coloro che un vecchio e mitico corsivista, Fortebraccio (alias Mario Melloni, 1902-1989), sul defunto quotidiano comunista l’Unità chiamava "lorsignori".
Così, per esempio, la Gazzetta Ufficiale della Repubblica il 24 luglio 2021 recitava: "Il comma 3 dell’articolo 68 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, è sostituito dal seguente: 3 Il versamento delle rate da corrispondere nell’anno 2020 e di quelle da corrispondere il 28 febbraio, il 31 marzo, il 31 maggio e il 31 luglio 2021 ai fini delle definizioni agevolate di cui agli articoli 3 e 5 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, all’articolo 16-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e all’articolo 1, commi 190 e 193, della legge 30 dicembre 2018, n. 145…".
Vi risparmio il resto di questo latinorum. Che disprezza i cittadini. E tradisce i costituenti. I quali, saggiamente, affidarono il testo finale della Carta al latinista Concetto Marchesi (1878-1957) affinché la ripulisse e la rendesse pienamente comprensibile. Come in effetti è. Davvero impossibile fare lo stesso con i testi di legge? Suvvia…