
I nostri cronisti hanno partecipato all’incontro sul web per il reclutamento. Foto di coltelli e gilet mimetici
e Nicola Palma
"L’idea che abbiamo è quella di avere una quarantina-cinquantina di persone e dividerle per ronde e per zone. Persone fidate". Inizia così il viaggio nella pancia di "Articolo 52", un movimento che domenica scorsa ha lanciato una pagina Instagram (ora sospesa) per creare gruppi "anti maranza" a Milano e che sin da subito è finito sotto la lente di polizia e carabinieri. Obiettivo dichiarato: rispondere "alla violenza con la violenza". Video-manifesto da caccia allo straniero: il violentissimo pestaggio di un giovane nordafricano sulla Darsena, additato come ladro di una collanina e colpito con calci e pugni da due uomini vestiti di nero e a volto coperto. Col passare dei giorni, si sono moltiplicati follower e chat Telegram, ma gli organizzatori hanno pian piano escluso quelli che consideravano "spioni, troll e infiltrati". Mercoledì sera è comparso sul canale principale, "Gli Orgogliosi", il link per una riunione virtuale sulla piattaforma Zoom. Anche noi abbiamo partecipato per i primi venti minuti, fin quando sono rimasti solo coloro che hanno dato la disponibilità a diventare "operativi". A condurre la discussione è L., che si descrive come un appassionato di softair ("Lo pratico da 12 anni") e dice di aver lavorato come buttafuori e contractor all’estero: "Qualche volta ci sono quasi rimasto".
Dopo un breve preambolo in cui accenna a quartieri da sorvegliare e coordinatori da istruire, arriva la domanda di uno dei circa venti collegati: "Cosa intendiamo per legalità?". La risposta la dà F., che ha l’aria di essere uno dei principali ispiratori: "La legalità – argomenta tradendo origini capitoline – arriva fino al punto in cui possiamo intervenire con le buone maniere. Dal momento che non possiamo più intervenire con le buone maniere, sappiamo che sei fuori dalla legalità. Chi sbaglia paga, questo deve essere chiaro per tutti". Più chiaro di così. Subito dopo, riprende la parola L. per un avviso ai naviganti: "Non bisogna fare gli infami". È in quel momento che all’improvviso si inserisce un altro utente: filma con lo smartphone un coltello da cucina e sussurra "Li spacchiamo tutti, li spacchiamo tutti sti magrebini". Un flash inquietante di una manciata di secondi, che si ripeterà più avanti. Altro comandamento della giustizia fai-da-te: "Se siete qua dentro, dovete essere consapevoli: non dovete aver paura, dovete fregarvene, perché sennò tanto vale dire che siete stufi e basta. Se voglio pestare un magrebino perché mi sta sul c. o perché sta facendo una cosa sbagliata e mi alza le mani lui per primo, io lo pesto e me ne frego della legge. Me ne frego anche di quello a cui vado incontro. E non lo pesto perché voglio sfogare la mia rabbia o perché non voglio più vederlo sulla faccia della Terra, ma lo pesto perché ho sbagliato". Rincara F.: "Noi non vogliamo rompere i c. a nessuno, ma se c’è da intervenire si interviene con qualunque mezzo. Senza paura e senza problemi. Punto". Snocciolato il decalogo da The Punisher, si passa all’equipaggiamento.
L. mostra un gilet tattico mimetico, simile a un giubbotto antiproiettile, da rinforzare con una piastra e un tappetino di gommapiuma: "Se vi arriva una coltellata, fidatevi che non vi arriva nel cuore ma vi arriva dentro la piastra e si ferma lì". Avvertenza: "Non lo dovete mai usare scoperto, ma sempre sotto la giacca o la felpa, altrimenti le forze dell’ordine vi possono chiedere: ‘Perché andate in giro con questi corpetti militari?’". Già. "Per quanto riguarda telefoni, bodycam e walkie talkie, ve li forniremo noi", chiude l’argomento F. Che poi va al sodo: "Adesso vorrei capire una cosa: iniziamo seriamente a vedere chi c’è e chi non c’è. Noi non tratteniamo nessuno, ma siamo determinati a fare un certo lavoro sul territorio. E sarà fatto". A meno che qualcuno non li fermi prima.