
di Marianna Vazzana
La serata in un locale della movida milanese. La mente annebbiata dall’alcol, uno sconosciuto che tende una mano per ritrovare il telefono rubato. Ma non appena riesce a portare la vittima nel suo rifugio a neanche un chilometro dalla discoteca, dentro un parcheggio multipiano, scatta la violenza. È la notte tra venerdì 31 marzo e sabato 1° aprile. Vittima una giovane italiana di 23 anni, che dopo essere stata presa a schiaffi si ritrova un coccio di bottiglia puntato al volto, come racconterà alla polizia. Poi viene costretta a sdraiarsi a terra, su un telo, in uno dei piani interrati del parcheggio, e violentata. Non solo. Sempre in balìa dell’uomo, deve anche sniffare cocaina. E resta con il suo stupratore per ore, almeno 7 secondo una prima ricostruzione, perché poi lui pretenderà anche di riaccompagnarla a casa al mattino, salendo a bordo di un mezzo pubblico come se nulla fosse accaduto e dopo essere stati in un bar. Imad Bourchich, 37enne marocchino senza fissa dimora e con precedenti, è stato fermato la sera di sabato mentre rientrava al suo ’covo’ dentro il parcheggio multipiano: l’accusa è di violenza sessuale. Chiesta dal pm la custodia cautelare, anche perché il trentasettenne ha precedenti: nel 2019, in provincia di Brescia, aveva aggredito con altri complici un’automobilista rapinandola e palpeggiandola. In Italia da 15 anni, è regolare dal 2021.
Sono le 23.40 di venerdì 31 marzo quando la ventitreenne esce in compagnia di alcuni amici. La ragazza ricorderà poi di aver bevuto circa tre cocktail alcolici e di essersi sentita male. All’uscita (erano circa le 3.40) "ricordo di essermi appoggiata su una macchina perché barcollavo. Ricordo che continuavo a guardare a terra, perché mi ero resa conto di non avere più il telefono". Probabilmente rubatole, insieme alle chiavi di casa, all’orologio, agli orecchini e alla fedina che indossava. "Un ragazzo mi ha detto che sapeva dov’era il mio telefono" e per questo lo segue, convinta che con lei ci sia anche uno dei suoi amici. Ma è sola. "Ricordo che io non stavo bene e biascicavo mentre parlavo. Il primo ricordo che ho è dentro il parcheggio, senza però sapere effettivamente come esserci entrata. Una rampa portava giù ma non riuscivo a capire a che piano eravamo". Al -2, si scoprirà.
"Io gli ho detto che me ne dovevo andare ma lui mi diceva di andare giù, tirandomi". Poi, gli schiaffi e le minacce: "Se non la finisci ti sfregio, se lo fai un’altra volta ti ammazzo". Con un grosso pezzo di vetro. Al minimo tentativo di reazione, altre minacce: "Non costringermi a sfregiarti". Poi la violenza. Nonostante la vittima abbia più volte ribadito di non volere. "Non è giusto, non voglio. Ma Allah cosa ne pensa?". Alla polizia dirà "ho pensato che avrei fatto tutto quello che voleva. Gli ho chiesto anche scusa", terrorizzata.
È mattino ("forse le 10") quando la ventitreenne riesce a uscire dal parcheggio, ’scortata’ dall’uomo fino a casa, dopo il passaggio in un bar. I filmati delle telecamere mostrano che la ragazza ha cercato più volte di allontanarlo. Sarà la coinquilina della giovane a chiamare il 112, mentre l’amica viene trasportata in ambulanza alla Clinica Mangiagalli dove la violenza sarà accertata. Prognosi: 21 giorni. I poliziotti della Squadra Mobile coordinati dal dirigente Marco Calì troveranno nel parcheggio il telo, i cocci di bottiglia e tutti gli oggetti del “rifugio“ descritti dalla vittima.