Mercoledì 24 Aprile 2024

Nel labirinto oscuro della gelosia Quella malattia che avvelena tutti

Amore, infedeltà, delirio e violenza. Dalla letteratura al cinema, così la ferita dell’anima travolge la vita

di Viviana Ponchia

"La mia mano destra è gelosa se la sinistra dipinge un bel quadro". Andy Warhol lo ammetteva. Il mostro dagli occhi verdi, la malattia dell’anima che affligge tutta l’umanità, aveva su di lui addirittura ricadute anatomiche. Tanti negano, nessuno ne è immune. Ferita dell’anima ma anche del corpo: c’è infatti chi somatizza con bruciori di stomaco, emicranie e coliti. Amor proprio più che amore. Insicurezza patologica. Un corto circuito. "Come geloso, io soffro quattro volte – scriveva Roland Barthes –. Perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri".

John Lennon ha chiesto perdono: "Ho cominciato a perdere il controllo, non volevo farti del male, sono solo un uomo geloso". "Jealous Guy" è il suo tentativo di redenzione dopo la terapia e la fine dei Beatles. Yoko Ono racconta che non scherzava affatto: "Dopo esserci messi insieme, mi fece scrivere una lista di tutti gli uomini con i quali ero stata a letto". Nel romanzo più famoso di Milan Kundera, ’L’insostenibile leggerezza dell’essere’, di gelosia si impazzisce come nell’opera lirica. L’infedeltà di Tomáš, che ha come unici interessi il lavoro e le donne, porta Tereza al delirio. Nel racconto ’Il falso autostop’ lo scrittore ceco cerca qualche alibi al tormento: "La gelosia non è certo una qualità piacevole, ma se non se ne abusa (se è unita a una certa moderazione) ha in sé, a parte i suoi inconvenienti, anche qualcosa di commovente". E si vende benissimo. La qualità letteraria e cinematografica è irresistibile, su qualsiasi palcoscenico o pagina scritta giganteggia questo "inquieto bisogno di tirannide applicato alle cose dell’amore" (Marcel Proust).

Otello batte tutti ma è in buona compagnia. Amneris ama Radames che a sua volta ama Aida. Santuzza ama Turiddu che ama Lola (Cavalleria Rusticana). Nel Giardino dei Finzi Contini il protagonista ama Nicole che però ama Giampiero. Nelle Notti bianche di Dostoevskij il sognatore ama Nastenka che però ama un altro. Un calderone schiumante, ma la psicologia avverte che le sfumature sono importanti. C’è la gelosia "normale" alimentata da sana ostilità verso un rivale in carne e ossa, quella "proiettata" (chi la pensa, la fa) e la gelosia "delirante" che secondo Freud corrisponde a una forma di omosessualità latente. Nella cosiddetta "Sindrome di Otello" siamo dentro la paranoia alcolica al limite dello stalking. Cosa diversa la "Sindrome di Rebecca" (dal titolo del romanzo noir di Daphne du Maurier Browning) che nasce dalla paura di essere inferiori alle vecchie relazioni dell’amato e condanna a un’impossibile competizione con il passato (rivedere per conferma "Rebecca la prima moglie" di Hitchcock).

La commedia italiana semplifica in maniera convincente. "A me tutta questa elasticità non mi va mica bene, sa? Io sono un democratico e cristiano" dice l’attempato operaio milanese Giulio Basletti (Ugo Tognazzi) nel ’Romanzo popolare’ diretto da Mario Monicelli. Di fronte al tradimento della giovane Vincenzina cerca di mostrarsi uomo di ampie vedute purché le corna restino cosa segreta. Diventate di dominio pubblico, caccia platealmente di casa la moglie e tenta il suicidio con il gas. È che la gelosia bisogna saperla (sop)portare con eleganza. Marta Marzotto aveva la sua ricetta: "Gelosia al punto giusto: stuzzicare senza soffocare". E mai dimenticare cosa scriveva il poeta Paul Jean Toulet: "La donna raramente ci perdona d’essere gelosi, ma non ci perdonerà mai di non esserlo.