di Valerio Baroncini Assonanze. Da Futura, anni Ottanta bolognesi, a La ragazza del futuro, nuovo millennio. Forse è solo un caso, ma Cesare Cremonini dice che cerca sempre di far entrare nei suoi dischi "una sfumatura di Lucio". E l’ultimo album, in filigrana, non tradisce un ricordo che da Bologna diventa emozione di tutto il Paese. Perché dieci anni dopo la morte improvvisa in un albergo a Montreux, la città del jazz, Dalla è ancora qui. Con noi. Colonna sonora di generazioni. Cesare Cremonini, qual è il suo primo ricordo di Lucio Dalla? "Il primo incontro è stato a casa sua. Mi aveva invitato il giorno in cui teneva a Bologna un concerto con Francesco De Gregori. Sono andato, piuttosto emozionato, e mi sono trovato a bere un caffè nel terrazzino. È stato un incontro bellissimo, indimenticabile, abbiamo parlato di musica, di com’era nata ‘Com’è profondo il mare’, del rapporto con De Gregori. Poi mi chiese di suonare il pianoforte in salotto. Fu un momento magico". Poi? "Dopo sono andato al concerto e sono potuto stare con loro nel backstage. Devo dire che è un ricordo indelebile, anche molto riservato e privato: Lucio mi ha trasmesso fiducia quel giorno, aveva un modo di trattarmi con rispetto, stima e affetto. Mi ha dato grande coraggio". Chi era Lucio Dalla per lei? "Il Michelangelo della musica. La sua capacità di unire la vita reale, la vita ‘camminata per strada’, le voci della gente, con un’idea della musica alta che proveniva dal jazz, da un percorso artistico gigantesco, erano cose uniche. Era straordinario. Lucio rimarrà il Re Sole della musica bolognese. Lui, insieme agli altri grandi artisti cresciuti sotto le Due Torri, ha creato lo sguardo di un bambino come me, quando a 18 anni ho iniziato a fare musica. Ha fatto sì che potessi pensare che Bologna era tutto. ...
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