Nebbia fitta sul Quirinale (e sul governo)

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Bruno

Vespa

Stesso discorso per Forza Italia ("Draghi premier è interesse nazionale", ha ripetuto ieri Tajani). Mentre la Lega spera di raggiungere nei sondaggi Fratelli d’Italia ("Abbiamo prolungato lo stato d’emergenza per tre mesi e lui se ne va?", ha detto ieri Salvini). Per questo il Pd ha sostenuto oltre l’evidenza dei fatti la permanenza di Mattarella al Quirinale. E adesso che bisogna scegliere il successore chiede comunque una personalità unitaria perché una di parte "sarebbe una grave lesione istituzionale". È scontato che una scelta condivisa è preferibile a una di parte, ma non si capisce perché l’elezione di Mattarella frutto di una scelta del solo centrosinistra sia stata legittima (e lo fu), mentre una scelta pilotata dal centrodestra non lo sarebbe perché per la prima volta non è la sinistra a dare le corte.

Ci si può legittimamente opporre alla scelta di Berlusconi, ma non si dica che nessun capo politico è mai andato al Quirinale perché Saragat era il padrone, non solo il leader carismatico, del partito socialdemocratico.

Perciò, da qualunque lato si faccia l’inquadratura, una scelta non certo unanime ma largamente maggioritaria oggi sarebbe soltanto quella di Mario Draghi. Ieri sera Enrico Letta si è detto ottimista su una decisione condivisa e Salvini ha suggerito un incontro generale anche prima di Natale.

Ma la nebbia è ancora fittissima. Mentre Draghi ha stretto le viti dell’emergenza imponendo il tampone anche agli europei che entrano in Italia creando qualche difficoltà al settore turistico. Vuole che a gennaio il nostro paese resti il più sicuro di tutti. Per lasciarlo in forma al suo successore?