'Ndrangheta, 49 arresti in tutta Italia. Ai domiciliari il sindaco di Rosarno

Secondo l'accusa il primo cittadino e un altro consigliere comunale avrebbero ricevuto voti in cambio di incarichi a uomini della cosca Pisano

Giuseppe Idà, sindaco di Rosarno (Ansa)

Giuseppe Idà, sindaco di Rosarno (Ansa)

Reggio Calabria, 18 gennaio 2021 - Ci sono anche il sindaco e un consigliere comunale di Rosarno tra le 49 persone arrestate questa mattina nell'ambito di un'operazione coordinata dalla Dda di Reggio Calabria contro la cosca di 'ndrangheta Pisano. Giuseppe Idà e Domenico Scriva sono finiti ai domiciliari con l'accusa di scambio elettorale politico-mafioso. Secondo le indagini i due esponenti politici avrebbero ottenuto voti in cambio della promessa di incarichi nell'organigramma comunale a uomini di fiducia della consorteria criminale. 

Gli altri arresti sono stati effettuati dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria a Polistena, Anoia, nelle province di Messina, Vibo Valentia, Salerno, Matera, Brindisi, Taranto, Alessandria e Pavia.  Le accuse sono: associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione illegale di armi, tentato omicidio, usura.

L'operazione, denominata 'Faust', ha consentito di accertare la radicata operatività dei membri della cosca Pisano, conosciuti come i "diavoli di Rosarno", nonché, in un contesto che rivela cointeressenze di sodalizi operanti nel ''Mandamento Tirrenico'', anche l'attuale pervasività dell'articolazione territoriale di 'ndrangheta denominata "società di Polistena", capeggiata storicamente da esponenti della famiglia Longo e della locale di 'ndrangheta di Anoia.

I rapporti 'ndrangheta-politica 

L'inchiesta, iniziata nel 2016 e conclusa nel 2020, "prende le mosse dal collaboratore Lorenzo Bruzzese", ha spiegato il procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri in conferenza stampa. "I carabinieri hanno monitorato l'attuale operatività della cosca che spaziava non solo dal traffico di sostanze stupefacenti all'usura e all'estorsione. Ma anche alle ingerenze nell'attività amministrativa. La cosca si è occupata delle elezioni comunali del 2016 a Rosarno. Il boss Francesco Pisano si è posto come stratega delle elezioni. Abbiamo assistito all'ingerenza dei 'diavoli' nella predisposizione della lista, del simbolo della lista e addirittura del programma elettorale. In paese emergeva un collegamento chiaro tra i Pisano e il candidato sindaco. C'è una piena consapevolezza dell'appoggio criminale che veniva non solo accettato, ma nasce prima", ha aggijnto.

"Non stiamo parlando di promesse generiche - ha chiarito il procuratore aggiunto Gaetano Paci - ma di promesse determinate. La prima uscita pubblica del candidato sindaco poi eletto è stata concordata prima con i referenti della cosca anche nei suoi dettagli grammaticali. C'è una compenetrazione strettissima del rapporto sia dalle origini". Paci ha raccontato anche un episodio da cui emerge il tentativo del sindaco Idà di prendere le distanze dalla cosca: "La sua preoccupazione era quella di smentire l'ondata di voci su questo rapporto con i Pisano". Presa di distanza, ha spiegato il magistrato, che "non era stata gradita dalla famiglia mafiosa dopo l'arresto del latitante Marcello Pesce. In quel caso il sindaco aveva espresso il proprio compiacimento per l'operato delle forze dell'ordine e una posizione di sostegno all'opera di restaurazione del controllo di legalità. Dalle intercettazioni emergono delle reazioni negative che inducevano un esponente della cosca Pesce a rivelare quello che era stato l'atteggiamento accondiscendente dell'allora candidato sindaco verso il sostegno elettorale che gli veniva dalla cosca di 'ndrangheta".

Affari con altre associazioni criminali

Nell'ambito dell'inchiesta sono stati poi accertati i rapporti della cosca Pisano con altre storiche cosche della provincia reggina, anche operanti in altre parti del territorio nazionale. L'indagine ha permesso, inoltre, di documentare l'esistenza di una fiorente attività di narcotraffico che, partendo dal porto di Gioia Tauro, ha intersecato gli interessi illeciti anche di appartenenti ad altre realtà criminali organizzate, operanti in Campania, grazie alle contiguità con appartenenti a storiche consorterie camorristiche; Puglia, con particolari aderenze a consessi della Sacra Corona Unita; Basilicata, dove è stata documentata la rete intessuta con esponenti di un'articolazione mafiosa locale denominata storicamente dei «basilischi» quale promanazione di matrice 'ndranghetistica.