Martedì 23 Aprile 2024

Nativi digitali ma impreparati sulle fake news

Ermelinda

Campani

Una ricerca, questa sì, condotta da studiosi di Stanford University, ha mostrato come una percentuale allarmante di liceali americani (rappresentativi di diverse classi sociali, etnie, provenienza geografica, ecc.) sia incapace di distinguere tra notizie vere e fake news su Internet. È emerso, ad esempio, che il 96% degli studenti a cui è stato chiesto di verificare se una certa pagina web sui cambiamenti climatici fosse imparziale, non è riuscito a scoprire che il sito faceva capo a un’organizzazione legata all’industria dei combustibili fossili. Ancora, dei 3.446 giovani cui si chiedeva di accertare la veridicità di un video che circolava su Facebook nel 2016, solo 3 hanno scoperto che era un falso e che invece di mostrare (come diceva di fare) i brogli elettorali alle primarie del Partito Democratico in America, riguardava in realtà un’elezione in Russia.

Non ci si aspetterebbe, da una generazione cosiddetta nativa digitale, tanta difficoltà a giudicare se dar credito o meno alle notizie che girano in rete. Ma a trarre in inganno gli studenti è ciò che lo studio definisce “deboli segni di credibilità“ legati soprattutto all’“aspetto” dei vari siti web e al loro nome di dominio. I ricercatori, in un articolo apparso sul giornale di Stanford, sostengono che gli adolescenti sono così impreparati e indifesi di fronte alle fake news che sarebbe come metterli al volante di un’auto senza prima avergli spiegato che ci si deve fermare davanti a un semaforo rosso. Aggiungono vieppiù che, se abbiamo a cuore il futuro di democrazia e informazione, dobbiamo aiutare i giovani a sviluppare l’alfabetizzazione digitale che gli permetta di giudicare l’attendibilità delle notizie, o almeno di porsi delle domande invece di accettare tutto il flusso di informazioni sugli schermi dei computer. Questo non è un impegno da poco, è necessario e urgente perché è da qui che dipende il futuro di molte generazioni. E tocca alla scuola, anche a quella italiana, poiché immagino che, se condotto qui, lo studio restituirebbe risultati del tutto analoghi.