Mercoledì 24 Aprile 2024

Nascite a picco, minimo storico dal 1861 Boom di italiani in fuga verso l’estero

Mai così pochi bebè. In cinque anni si è perso mezzo milione di residenti e calano anche le nascite degli stranieri: meno 4%. Gli eredi dei baby boomer non fanno figli. Impennata del 16% di emigrati. Solo Arezzo si riscatta: più 6% di bambini nati .

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di Claudia Marin

Il decennio del tracollo demografico italiano si chiude anche peggio di come era cominciato. I figli dei baby boomer degli anni ’60 non fanno figli. E quei pochi che li fanno, se possono, cercano di andare via dalla Penisola. Senza incentivi, bonus o congedo parentale che li trattenga. L’Italia si svuota di bambini e si riempie di 80enni e oltre, ma il saldo è negativo e di anno in anno è come se una media città di provincia si inabissasse: mezzo milione in meno dal 2015. Con la prospettiva di un 2020 che, a causa del Coronavirus e dell’emergenza economica e sociale, andrà anche peggio.

A sancire il crollo della natalità nel Belpaese è l’Istat. Nel 2019 siamo scesi a 420.170 nuovi nati e abbiamo battuto il record negativo dell’anno precedente: il calo è ora del 4,5%, con oltre 19mila nuovi nati in meno rispetto al 2018. E, anzi, abbiamo segnato il minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia a oggi. Nel complesso, considerando i morti, gli immigrati e gli emigrati, dobbiamo sottrarre, in un anno, dagli oltre 60 milioni di residenti in Italia altre 189mila unità (-0,3%). Un altro passo in avanti verso la desertificazione del Paese, soprattutto nelle aree rurali e di provincia. Una curva calante cominciata già nel 2015 che ha visto scomparire circa 551mila residenti negli ultimi cinque anni. Come effetto del calo verticale delle nascite, ma anche del continuo aumento dell’emigrazione di italiani (+8,1%) e della riduzione dei cittadini stranieri che arrivano nel Paese (-8,6%). Con l’incremento delle cancellazioni dall’anagrafe tra coloro che vanno all’estero: più 16,1%, 182.154 cittadini andati via.

La "recessione demografica" è dovuta principalmente ai cittadini italiani: 55 milioni, 236mila in meno in 12 mesi, circa 844mila in meno in cinque anni: una perdita consistente, di dimensioni pari a quella di province come Genova o Venezia. Gli stranieri, nel quinquennio, sono aumentati, ma con ritmi calanti: l’Italia resta un Paese multietnico e arriva a contare 194 cittadinanze. La popolazione cala soprattutto in Molise, Calabria e Basilicata mentre incrementi si osservano nelle province di Bolzano e Trento, in Lombardia ed Emilia-Romagna. Le nascite crollano al Centro (meno 6,5%). Si accentua il deficit di sostituzione naturale tra nati e morti. Nel 2019 la differenza tra nati e morti è di -214mila unità. Bolzano rappresenta un’eccezione: la provincia autonoma è l’unica con un tasso di crescita naturale al +1,5 per mille di Bolzano a fronte del -3,6 per mille a livello nazionale. In fondo, invece, c’è la Liguria al -8,1 per mille. A livello di città si segnala Arezzo, con un più 5,8% di nati nel 2019, arrivato al 10 nel primo semestre 2020.

Il ministro della Famiglia, Elena Bonetti, parla di numeri "impressionanti" e rilancia il Family Act, con l’assegno unico universale dal 2021. Ma fino a oggi incentivi e bonus non sembrano aver determinato inversioni di rotta. E sono sempre più i demografi che delineano le conseguenze per l’Italia del trend strutturale in corso. Nel giro di un decennio, secondo uno studio della Fondazione Agnelli, ci sarà un milione di ragazzi in meno: questo determinerà il taglio di 36.700 classi e di oltre 55.600 cattedre. Entro qualche decennio non si potrà andare in pensione prima dei 70 anni e al 2050 si dovrà attendere fino a 75. Altrimenti, con i pochi giovani al lavoro e l’allungamento della vita media, i conti del welfare salteranno. E rischiano di deflagrare i bilanci del Sistema sanitario nazionale, che dovrà dirottare più risorse per la non autosufficienza e l’assistenza socio-sanitaria per la quarta età.