Mustafa è vittima delle armi chimiche

La famiglia colpita da una bomba devastante. Dal 2011 l’orrore della guerra in Siria

La vita di Mustafa el Nazzal, il piccolo siriano di 5 anni nato senza braccia e senza gambe per gli effetti di una bomba chimica sganciata da un aereo del regime di Assad su Idlib, è ricominciata alle 17 e 32 minuti del 21 gennaio. A quell’ora è atterrato al terminal numero 3 di Fiumicino il volo Tk 1663 da Istanbul. Mustafa era in braccio al padre Munzir, 35 anni, seduto su una sedia a rotelle spinta da un addetto degli Aeroporti di Roma. Con lui sono sbarcate anche la madre Zeinab e le due sorelline.

La sua storia è diventata un’icona mondiale grazie a uno scatto del fotografo turco Mehmet Aslan che nel mese di ottobre dell’anno scorso ha vinto il Siena International Photo Awards (in sigla Sipa). Aslan ha immortalato Munzir che si appoggia a una stampella e solleva in aria Mustafa privo di braccia e di gambe. Il Sipa ha promosso una raccolta fondi che ha raccolto 100 mila euro.

Nel giorno del bombardamento Munzir era nel bazar di Idlib con la moglie Zeinab incinta di Mustafa. L’esplosione gli portò via una gamba. La moglie rimase apparentemente indenne, ma inalò gas tossici che portarono a una tetraamelia del feto. Mustafa è nato senza arti. In Italia è scattata una gara di solidarietà per dotarlo di protesi elettroniche non disponibili in Turchia, il Paese che ha accolto la famiglia.

Il cardinale di Siena Augusto Paolo Lojudice e la Caritas hanno messo a disposizione un appartamento, vitto, un’indennità e un interprete. Nell’alloggio la famiglia resterà in quarantena per dieci giorni. Subito dopo Munzir e il figlio saranno trasferiti al Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio, in provincia di Bologna.

Gli el Nazzal sono riusciti a emergere dal gorgo cruento di una guerra civile che dura da quasi undici anni. Nella notte di venerdì scorso l’Isis è riuscito a entrare, grazie a tre kamikaze, nel carcere Ghweiran della città di Hasakah.