Giovedì 25 Aprile 2024

Mostro di Foligno, la psichiatra: "L'ho visitato io, Chiatti può uccidere ancora"

"Delira. Nessun senso di colpa. E nei colloqui ha mostrato furbizia e abilità"

Luigi Chiatti (Liberati)

Luigi Chiatti (Liberati)

Perugia, 7 settembre 2015 - «SÌ, lo abbiamo scritto… Luigi Chiatti potrebbe uccidere ancora altri bambini. Non solo, ma potrebbe manifestare la sua azione omicida nei confronti di chiunque incontri, e anche contro sé stesso».

Carla Niccheri Gineprari è la psichiatra che, insieme al collega Paolo Laszlo, ha svolto la perizia per conto del tribunale di sorveglianza di Firenze. Due professionisti di altissimo livello. È firmato da loro il documento in cui viene confermata la «pericolosità sociale» del mostro di Foligno, che ha permesso ai giudici di avallare la misura di sicurezza in un istituto protetto, una volta che Chiatti, il 4 settembre scorso ha finito di espiare la sua pena. Ventidue anni effettivi per aver massacrato i piccoli Lorenzo e Simone.

Voi avete formulato un giudizio differente dai vostri predecessori… «Fino ad ora a Chiatti non era mai stato diagnosticato un disturbo delirante e riteniamo che all’epoca delle altre perizie erano presenti in lui difese che lo hanno aiutato a non manifestare alcuni aspetti di sé...».

Ma queste difese sono venute meno? «Nel 2005 si è avvicinato alla lettura delle Sacre Scritture e ha trovato la spiegazione del suo agire omicida, tutti argomenti ritenuti utili… Il delirio in Chiatti è necessario per dare un senso alla sua vita, sia pure inconsciamente. Ha ritenuto di aver spiegato e giustificato alcuni suoi pensieri».

Ma ancora non si rende conto di aver ucciso due bambini e di aver detto che, se libero, lo avrebbe fatto di nuovo? «Non c’è assolutamente una critica rispetto a quello che ha fatto, nessun senso di colpa, nemmeno un briciolo. Mai un pensiero sul dolore che ha causato alle famiglie delle vittime, o alla sua. Gli omicidi dei bambini li ha definiti incidenti. In questo suo mondo fatto di interpretazioni è stato perdonato. Anche da Dio. Quanto alla manifestazione di uccidere ancora, emersa dagli atti, con noi ha negato la circostanza...».

Ma in questi vent’anni in carcere Chiatti è stato curato? «Si è rifiutato di sottoporsi a una terapia farmacologica e, anzi, quando lo psichiatra del carcere ha tentato di imporsi per l’anno successivo ha evitato anche gli incontri. Già nelle relazione del carcere gli psicologi avevano sottolineato l’evolversi della sua patologia in un disturbo delirante. Nella nostra relazione abbiamo sottolineato che Chiatti deve essere curato, anche con farmaci, controllato e messo in un luogo che lo contenga».

Ha manifestato la volontà di essere libero? «Niente che ci abbia fatto pensare alla voglia di uscire. Piuttosto quella di stare in una struttura accanto ai suoi genitori che sono anziani».

E l’ipotesi di una fuga? «Nelle note del carcere non ci sono comportamenti disturbanti o aggressivi».

A suo avviso i Rems sono luoghi adatti per un soggetto come Chiatti? «Non lo so. Chiatti è delirante, è pericoloso. Noi ci siamo fermati lì, perché la scelta del luogo non dipende da noi, abbiamo solo detto di trovare una Rems più severa e controllata possibile.  Io e il collega ci siamo ovviamente documentati ma ancora non c’è alcuna esperienza in materia. È tutto, solo sulla carta. Certo se in Italia avessero ristrutturato e mantenuto in funzione due ospedali psichiatrici giudiziari... Non mi faccia dire».

Che uomo è oggi Chiatti? «Noi l’abbiamo incontrato quattro volte in carcere e ogni colloquio è durato tre ore e mezza. Chiatti è un uomo abile nel presentarsi, intelligente, in grado di gestire un confronto del genere con due professionisti. Nell’ultimo incontro, infatti, ha cercato di fare retromarcia poiché nel precedente aveva ritenuto di averci offerto troppo materiale su di sé».

Ma a suo avviso dovrà restare rinchiuso tutta la vita?«Ora come ora mi verrebbe da dire di sì, sicuramente il più a lungo possibile. C’è da lavorare molto su questa persona. Non mi si fraintenda è un uomo che, se per mezzo secondo ci si potesse dimenticare cosa ha fatto, ha vissuto una vita sfortunata. L’abbandono della madre, le violenze. Tutto ciò ovviamente non rende accettabile i gravissimi reati che ha commesso».