Giovedì 18 Aprile 2024

Moser e i suoi primi settant’anni: "Più facile il Pordoi che fare i vini"

Oggi il compleanno del campione: "Con la mia azienda agricola produco 180mila bottiglie all’anno"

Francesco Moser con il nipotino Pietro

Francesco Moser con il nipotino Pietro

Francesco Moser sta in mezzo ai suoi vigneti, su dalle parti di Palù di Giovo. Grida qualcosa al contadino. "Fare l’agricoltore è più difficile che scalare il Pordoi pedalando – racconta divertito il neo settantenne –. Non si finisce mai di imparare. Con la mia azienda vinicola produco centottantamila bottiglie all’anno!".

Addirittura.

"Eh, ma sono poche. La concorrenza incalza. Debbo superare il muro delle duecentomila".

Altro che record dell’ora.

"Quella fu la mia rivoluzione sui pedali. All’alba degli anni Ottanta il ciclismo era pronto per una svolta scientifica e tecnologica".

Bravo Moser a intuirlo.

"Non da solo, però. Ho un ricordo bellissimo del professor Conconi e di tutto lo staff. Dal 1983 in poi ogni giorno sperimentavamo qualcosa di nuovo. E poi salii in Messico a togliere il primato al grande Merckx. Che non la prese tanto bene...".

Com’era Eddy visto da vicino?

"Ho fatto in tempo a sfidarlo quando era ancora il Cannibale. Il più forte di tutti, indiscutibilmente. Una volta mi ha battuto in volata alla Sanremo. L’unico che gli si è avvicinato, tra i miei contemporanei, è stato Hinault, il francese. Un altro fenomeno. Nel 1981 ero convinto di poter conquistare la mia quarta Roubaix, ma entrammo al velodromo, Hinault si mise in testa e ciao, pareva guidasse una motoretta. L’ho rivisto dopo il traguardo...".

Prima di loro c’era stato Coppi.

"Ah, con Fausto ha corso il mio povero fratello Aldo. In pratica come famiglia abbiamo attraversato le epoche dei due Campionissimi".

E non ve la siete cavata male.

"Aldo era un professionista dignitoso, non un fuoriclasse, ma andava comunque forte. Fu lui ad impormi di dedicarmi alla bicicletta".

Come andò?

"Avevo passato i sedici anni e di faticare in sella voglia zero. Il mio fratellone mi prese in disparte e mi disse: non fare il mona, pedala e vedrai che ti diverti".

Beh, aveva ragione.

"Infatti, ed è un dolore non averlo qui per la festa dei settant’anni. Per noi trentini i legami di famiglia sono sacri. Pensi che sono andato persino a fare l’ospite ad un reality in tv, visto che c’era mio figlio tra i concorrenti".

Ignazio, il fidanzato della sorella di Belen.

"Sono due giovani che si vogliono bene, tutto lì".

Invece Moser non ha mai voluto bene a Saronni.

"Invece per il compleanno numero 70 ho fatto una serata con lui, in Friuli".

Non ci credo.

"Ma è vero. Con il tempo abbiamo limato le asperità del nostro rapporto. Mica siamo amici per la pelle, eppure ci frequentiamo senza problemi. Una volta Beppe è venuto a visitare la mia cantina...".

Il vino gli è piaciuto?

"Va chiesto a lui, comunque ha pagato le bottiglie! Scherzi a parte, siamo sempre stati caratterialmente diversi, lui è un introverso, io parlo tanto. Ma in Italia è stato il rivale più forte che ho avuto, quando ho cominciato Gimondi aveva già un’età ma gli diedi volentieri una mano a conquistare la sua ultima maglia rosa, nel 1976. Felice era caduto e io dissi al gruppo che avevamo il dovere morale di aspettarlo, per fortuna mi ascoltarono. Tornando a Saronni ha vinto il Giro, il mondiale, le classiche. È stato un fuoriclasse".

Oggi il ciclismo in Italia come sta messo?

"Mi piace tantissimo Pippo Ganna, il ragazzo delle crono. Può vincere l’oro olimpico e in futuro anche stabilire il nuovo record dell’ora. All’ultimo Giro ha battuto il mio primato di successi consecutivi nelle tappe contro il tempo e sono stato contento, gli ho mandato una bottiglia di vino per brindare idealmente insieme".

Francesco, a 70 anni la bicicletta è solo un ricordo?

"Macché, mi sono solo adattato all’età. Sono passato all’elettrica, per non esagerare con gli sforzi".

E come va?

"Se Saronni viene a fare un’uscita con me lo batto, garantito".