Mosciame di delfino, l'orribile pratica vietata da anni e pericolosa per la salute

I cetacei vengono uccisi e poi sfilettati, le carcasse gettate in mare, finendo poi sulle spiagge. Ma oltre a mangiare una specie minacciata, e rischiare una multa, i consumatori possono ingerire elementi tossici

Delfini (Ansa)

Delfini (Ansa)

Roma, 26 luglio 2022 - I due delfini morti, uccisi e sfilettati, trovati di recente sulle spiagge della Sardegna, hanno scioccato e sorpreso molti italiani, ma non tutti. Da anni associazioni come l'Enpa denunciano la pratica illegale di ottenere 'mosciame' essiccando il filetto di cetaceo, prelibatezza da mercato nero, ma che può anche rivelarsi pericolosa per la salute dei consumatori.

Delfini uccisi in Sardegna: sfilettati per il mosciame. Le carcasse trovate sulle spiagge

Vietato

Vietato pescare, detenere, trasportare o commerciare esemplari di cetacei, tartarughe e storioni in Italia se non per motivate esigenze di conservazione faunistica o di ricerca scientifica, recita il decreto legge del 3 maggio 1989. Negli anni però è stato chiaro che il traffico illegale del mosciame di delfino non si arrestava anzi, era diventato raro e costoso (200 euro al kg, ndr), tanto da invogliare i pescatori di frodo. Anche le Iene gli dedicarono un'indagine tv nel 2013, ma nulla è cambiato da allora e gli intelligenti cetacei continuano ad essere richiesti sulle tavole di qualcuno.

Mosciame, origini

Il 'mosciame', o 'musciamme', il nome del filetto di deflino o di tonno essiccato, deriva dalla parola del dialetto ligure 'muscio' che significa persona dai gusti difficili. Ma potrebbe arrivare dall'arabo mosammed, che vuol dire cosa dura, secca, dopo essere passato dalla Spagna dove è diventato un prodotto tipico della regione di Murcia, ed è chiamato mojama de atun, mosciame di tonno. E proprio in Liguria e Sardegna la tradizione culinaria con i delfini è più radicata, come lo è, ma è legale, quella del musciame di tonno rosso o Tarantello, prodotto gastronomico tipico ligure che ritroviamo anche nelll'enclave genovese di Carloforte, nell'isola sarda di San Pietro, cittadina fondata dai liguri di cui ne conserva lingua e tradizioni.

Delfini uccisi

Molte volte i delfini non vengono volutamente pescati di frodo, ma rimangono impigliati nelle reti dei pescherecci, che invece di liberarli o segnalarli alla Capitaneria di Porto se sono morti, li issano a bordo e li sezionano per ottenere il filetto, poi rigettando in mare la carcassa. Molte volte invece i pescatori di frodo vanno proprio a caccia di delfini, e per sfuggire ai controlli arrivano a sfilettare e intagliare il cadavere del cetaceo, tanto da renderlo irrriconoscibile e farlo assomigliare a un tonno o a uno squalo.  

Salute uomo

Infine, danneggiato l'ambiente e schivata la multa per aver mangiato una specie minacciata, l'incauto consumatore dovrà fare i conti con la propria salute, infatti i delfini sono ai vertici della catena alimentare e le loro carni spesso contengono elementi tossici come il mercurio. Infine, ma non per ultimo, va ricordato che i delfini hanno una comprovata intelligenza grazie a una corteccia cerebrale simile a quella umana, comunicano tra loro e interagiscono con facilità con gli uomini, con cui però il rapporto non è sempre salutare per i cetacei quando sono tenuti in cattività.