Venerdì 19 Aprile 2024

Mosca tenta di intimidire i giornalisti italiani

Il quotidiano La Stampa querelato per un articolo su Putin e il tirannicidio. La replica: "Nessuna istigazione, trovino un traduttore migliore"

L’ambasciatore Sergey Razov, 69 anni, ieri davanti al tribunale di Roma

L’ambasciatore Sergey Razov, 69 anni, ieri davanti al tribunale di Roma

Roma, 26 marzo 2022 - È un braccio di ferro contro la stampa libera quello ingaggiato ieri dalla Russia in Italia, tramite l’ambasciatore a Roma Sergey Razov. Il diplomatico, ieri mattina, ha presentato una denuncia contro il quotidiano La Stampa per apologia di reato ed istigazione a delinquere. Uscendo da palazzo di giustizia ne ha approfittato per una lunga conferenza stampa: "Non fa onore all’Italia mordere la mano di chi l’ha aiutata", ha detto Razov, tornando sulla contrastata missione sanitaria ‘Dalla Russia con amore’ del 2020 a Bergamo e Brescia. E di amore tra Mosca e Roma sembra esserne rimasto ormai poco: "Adesso tutto è stato rivoltato", ha lamentato Razov.

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L’attacco al giornale torinese è dovuto a un articolo di Domenico Quirico pubblicato martedì scorso dal titolo ‘Colpire il tiranno è l’unica chance’. "Si considera la possibile uccisione di Putin – ha accusato l’ambasciatore –: questo è fuori dall’etica, dalla morale e dalle regole del giornalismo".

Quirico, dal canto suo, invita "l’ambasciata russa a prendere un traduttore migliore. Ho scritto che uccidere Putin era immorale". Il direttore Massimo Giannini evidenzia che "solo nel mondo alla rovescia di Santa Madre Russia, che piace a Putin, può accadere che un ambasciatore di un Paese che ha decretato la più sporca guerra contro una democrazia liberale possa intentare una causa contro un giornale che racconta il conflitto". Solidarietà al quotidiano è arrivata dal premier Mario Draghi: "La libertà di stampa è sancita dalla Costituzione e non è un caso che l’ambasciatore russo si sia espresso in questo modo: nel suo Paese quella libertà non c’è. Da noi si sta molto meglio, diteglielo!", ha esortato i giornalisti a Bruxelles . Gli ha fatto eco il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio: "I nostri organi di informazione fanno il loro mestiere: raccontare quello che succede, comprese le atrocità della guerra in Ucraina. Avanti senza censure".

Quanto al cambio dei rapporti con Mosca, "finché non c’è stata l’invasione dell’Ucraina – ha ricordato il responsabile della Farnesina – l’Italia ha sempre avuto con la Russia un rapporto che si basava sul principio del ‘selective engagement’, lavoravamo su obiettivi comuni". E sulla missione sanitaria che tante polemiche ha sollevato, infine, Di Maio ha aggiunto: "Quando l’Italia è entrata come primo Paese nella pandemia, ha ricevuto aiuti da tutte le nazioni del mondo: dopo gli aerei russi, ad esempio, sono arrivati anche quelli ucraini".

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