Giovedì 18 Aprile 2024

Mosca prepara il blitz in Ucraina L’incubo di Putin: Kiev nella Nato

La debolezza di Biden porterebbe solo a sanzioni. E sul gas il Cremlino potrebbe chiudere i rubinetti all’Europa

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di Cesare De Carlo

Vladimir Putin non è un grande giocatore di scacchi, ma la mentalità è quella. Si formò ai tempi dell’Urss e i comunisti sovietici – come si sa – fecero degli scacchi un gioco nazionale. Dunque, anticipa le mosse e legge le debolezze dell’avversario. In questo caso di Joe Biden. Come reagirebbe il presidente americano a un intervento militare del presidente russo in Ucraina? Al massimo con sanzioni. Non una grande cosa, considerando che anche quelle di Obama nel 2014 dopo l’annessione della Crimea ebbero un impatto trascurabile.

Ne parla il Dipartimento di Stato americano. Sanzioni bilaterali e multilaterali sotto egida Nato. Di più l’Ucraina non può attendersi. Non fa parte della Nato e dunque un appoggio militare diretto sembra fuori da ogni concepibile sviluppo.

Biden venerdì sera, prima di ritirarsi a Camp David a curarsi – ha detto – un raffreddore passatogli dal nipote, ha lanciato un avvertimento: non accetterà "linee rosse". "Sto mettendo assieme quelle che ritengo le più comprensive e significative iniziative per rendere molto, molto difficile al signor Putin di andare avanti per questa strada...". Quali iniziative? Su Politico Toomas Hendrik Ilves, ex presidente dell’Estonia, ne propone alcune: espellere la Russia dallo Swift Banking System, bloccare la pipeline Nord Stream 2, congelare i fondi esteri di Putin e dei suoi oligarchi. Sono attuabili? Non del tutto. Non dagli europei per esempio.

Cruciale è il gas russo, senza del quale il loro inverno sarebbe gelido. Putin può azionare il rubinetto quando e come vuole. Inoltre sa bene che gli europei non hanno molta fiducia nella determinazione degli Usa. La fuga dall’Afghanistan ne ha compromesso l’immagine. Il fallimento del summit ecologico, oltretutto snobbato da Putin e dal cinese Xi Jinping, ha messo a nudo la sterile retorica di Biden.

Il quale – va aggiunto – per una buona metà degli stessi americani non sarebbe mentalmente in grado di guidare la nazione. In queste condizioni non rimane che rifugiarsi nella speranza della diplomazia. Antony Blinken, segretario di Stato, lavora febbrilmente per una telefonata distensiva fra Putin e Biden. Ma i tempi sono stretti.

La mobilitazione russa ai confini con l’Ucraina appare completa. Sono schierati circa 90mila soldati con divisioni corazzate, missili, appoggio aereo. Altrettanti sono nelle immediate retrovie. L’offensiva – secondo informazioni americane e polacche – potrebbe avvenire già a fine gennaio lungo quattro direzioni. Obiettivo l’Ucraina orientale russofona. Kiev, la capitale, sarebbe raggiungibile in poche ore. Si arriverà a tanto? In Ucraina ci sono già consiglieri militari britannici e presto anche americani, in funzione di deterrenza più che di consulenza. E poi Putin non vuole una guerra con la Nato. Vuole però che, dopo essersi estesa agli ex satelliti e alle repubbliche ex sovietiche, Bielorussia esclusa, la Nato non finisca per inglobare anche l’Ucraina. E nemmeno vuole che le passi missili in grado – dice – di raggiungere Mosca "in cinque minuti".

La sindrome di accerchiamento è sempre stata una costante della politica estera russa, prima e dopo l’avvento del comunismo. Allo stato attuale alla Nato mancano i presupposti per un intervento. L’Ucraina – come detto – non ne fa parte e dunque non può invocare l’articolo 5 dello statuto, un attacco a uno degli alleati è un attacco all’intera alleanza. La disgraziata guerra in Afghanistan fu una guerra Nato. L’attacco agli Stati Uniti era partito da lì.

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