Mosca apre all’intesa: pace possibile. Ma le truppe sono pronte all’invasione

I russi giocano su due tavoli, l’America non si fida e sposta la sua ambasciata da Kiev a Leopoli. Berlino e Londra in campo per evitare il conflitto. Kiev si prepara a fronteggiare un attacco domani

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di Giampaolo Pioli

A Kiev Il presidente ucraino Zelensky prova a incitare il Paese: "Sono stato informato che mercoledì ci sarà l’attacco russo e l’invasione. Noi dichiariamo invece quella la giornata di unità nazionale e l’intero Stato sarà compatto nella difesa della sua indipendenza e nella denuncia dell’aggressione russa". Poche ore e Zelensky, l’ex comico divenuto presidente, cambia registro. Ammette di essere stato ironico, si corregge e accusa i media di aver distorto le sue parole. Confusione, paura e isteria si mischiano in queste ore concitate in Ucraina e pure il presidente ci mette del suo.

Che comunque la situazione sia sull’orlo del precipizio lo si capisce dalla mossa degli Stati Uniti che annunciano di aver chiuso temporaneamente l’ambasciata a Kiev per spostarla a Leopoli, città quasi sul confine polacco. Zona più sicura almeno dal fuoco dell’artiglieria russa sul confine ucraino. A Mosca, intanto, il tavolo che separa Vladimir Putin dai suoi interlocutori diventa sempre più lungo. Ieri il ministro degli esteri Lavrov per mantenere la distanza di sicurezza anti-Covid è stato costretto ad urlare per farsi ascoltare dal grande capo del Cremlino lontano oltre 15 metri. Ci sarebbe da ridere, se la situazione geopolitica non fosse drammatica. Molti analisti vedono in questa ostentata prudenza sanitaria di Putin, ripresa anche dalla televisione russa, una sorta di difficoltà nel proiettare la sua immagine di leader duro e inflessibile. Lavrov è stato ripreso in diretta, mentre diceva a Putin: "Ci sono chance per trovare un accordo con l’Occidente, la diplomazia ha ancora tempo e spazio per agire". E il comandante delle forze armate aggiungeva: "Gran parte delle manovre di addestramento sono state completate, altre termineranno presto".

Il Cremlino, insomma, fa filtrare i primi segnali morse verso una potenziale de-escalation. "Il presidente Putin è disposto a negoziare, l’Ucraina è solo parte del più grande problema delle garanzie di sicurezza per la Russia", dice il portavoce del Cremlino. Oggi, alla vigilia della fatidica data dell’invasione indicata dai servizi segreti Usa e britannici, il cancelliere tedesco Scholz sarà a colloquio con Putin dopo aver visitato Kiev.

Gli americani non ci credono troppo ("Non ci sono segnali di de-escalation",dicono dal Dipartimento di Stato) e battono la gran cassa dell’invasione, usandola come deterrenza psicologica. ll segretario di Stato, Antony Blinken, denuncia "una drammatica accelerazione nel dispiegamento delle truppe russe sul confine" ed esorta ancora i connazionali in Ucraina a lasciare il prima possibile il Paese. Tocca al Pentagono provare a gettare benzina sul fuoco, chiarendo che "Putin non ha ancora preso la decisione finale". Anche il presidente Joe Biden, insieme al premier britannico Boris Johnson lancia segnali di pace: "C’è ancora spazio per il dialogo con Mosca". Come dire, la diplomazia è al lavoro, ma anche le truppe lo sono.